La guerra dei mondi nel recinto di Manhattan, scosso dagli incubi dell'11 settembre, con la partecipazione straordinaria di Godzilla. Riprese amatoriali, da cinema verità (ma la verità è che questo non è cinema), telecamerina a mano ed effetto mal di mare per l'intero spettacolo. Sintesi qualificativa a parte, “Cloverfield” è all'atto pratico una furbata di basso mercato confezionata per quei navigatori famelici che intasano il motore di ricerca di youtube, gustando avidamente rozzi filmini fatti col cellulare e divulgati col passaparola. Un film annunciato su internet con una astuta e mirata campagna commerciale che ha radunato nei forum i nostalgici del cinema catastrofico del tempo che fu (nell'arco di due stagioni uscirono nell'ordine “Terremoto”, “Uragano” e “Valanga”) in cerca di emozioni forti aggiornate. Il film parte in sordina con un allegro ritratto in interni di giovani newyorchesi sorridenti asserragliati per un party. Poi improvvisamente si scatena la catastrofe: le mille luci della città si spengono e accendono ad intermittenza, il centro di Manhattan si ritrova sotto attacco, la statua della libertà viene decapitata e il celebre volto bronzeo rotola per le strade come una biglia, il ponte di Brooklin si srotola sputando macchine come in un videogame (ma perchè non lo è?). Il gruppetto si ritrova in fuga mentre intorno si scatena l'inferno con un allucinante carosello di esplosioni, crolli e grattacieli che si sbriciolano; il nemico si identifica, ma non benissimo, in una mostruosa creatura del futuro che si riproduce in diabolici cuccioli-killer carnivori mentre l'esercito americano replica con carrarmati-giocattolo. L'obiettivo acceso continua a girare instancabilmente immagini allucinanti fino all'incredibile atto finale. Si resta stupiti davanti alla resistenza delle batterie e alla perfetta qualità delle immagini nonostante le botte rimediate dalla videocamera durante il tragico assedio.
48 milioni di dollari in pochi giorni non sono uno scherzo e J.J.Abrams (il produttore di “Lost” e “Armageddon”) è un vecchio marpione che conosce benissimo le regole per alzare quattrini dal nulla. E' bastato aprire un sito, lanciare un trailer al quale non si può proprio rinunciare ed il gioco era già bello e fatto. Un tempo le idee, i contratti nascevano in galleria o negli uffici di produzione, oggi invece con una tastiera ed una connessione si è già vicini al traguardo. L'idea di partenza di “Cloverfield” comunque era geniale: risadattare il genere catastrofico ai tempi frenetici di nuova generazione, usando la tecnica digitale per mostrare le sequenze dal vivo come in un notiziario in diretta, giocando sull'autenticità delle immagini. Alcuni lo hanno giustamente paragonato ad un nuovo “Blair witch project” (un'altra bufala fabbricata in rete) ed infatti gli incassi spropositati rispetto al valore del prodotto finale danno questa impressione. Ma il film è noioso, ripetitivo, angosciante e talvolta, dato l'uso smodato delle immagini traballanti, davvero insopportabile. E' l'ennesima malefatta compiuta all'ombra di internet per la quale ci saremmo aspettati sui flani e sulle locandine frasi di lancio tipo “sconsigliato ai deboli di cuore e alle donne in stato di gravidanza”, con le quali in passato si cercava di pubblicizzare quei prodotti ingenui e popolari fatti con pochi soldi (il grande Ed Wood fu il precursore di questa tendenza). Esauritosi l'effetto sorpresa dopo una manciata di minuti il film si accartoccia e crolla come le sue scenografie fatte al computer, mentre per i più cagionevoli si consiglia l'ingresso col travelgum pronto per l'uso; fortunatamente per tutti dura quanto la puntata di un telefilm ma su questa felice scelta degli autori nessuno ha avuto da ridire.
Cinema Opera, Barletta - Febbraio 2008 (Barisera) |