Da un romanzo giovanile di Giovanni Verga (e non da una novella, come attestano i titoli), un tipico capriccio senile di Franco Zeffìrelli. Che, dimenticati i fasti dei melodrammi (ricordate il naufragio di "Otello"?) e dei tonfi che ne sono seguiti (ricordate "ll giovane Toscanini"?), riprende per l'ennesima volta un testo letterario per sottoporlo alla terapia delle immagini. Esteticamente l'operazione non dispiace: per la delizia delle scene che ripropongono in un certo senso il "cinematografare" viscontiano pur non rinnegando le tattiche degli spot televisivi. Un tema letterario insidiosissimo viene ripreso ed analizzato indirettamente alta luce dei pensiero moderno (ma Zeffirelli non ha sempre sostenuto d'essere un cattolico convinto?). spesso violando l`integrità del pessimismo verghiano che ben conosceva l'etica deforme della società borghese del suo secolo.
Nella Catania del 1854 afflitta da una improvvisa epidemia di colera, si consuma il dramma d'amore della novizia Maria, ricondotta nella sua abitazione natale per sfuggire al terribile morbo. Nel suo breve soggiorno estivo la giovane novizia si ritrova bruscamente a contatto col mondo che credeva d'essersi lasciato alle spalle per sempre recandosi in convento. E non è tanto il benessere, il fascino d'una vita agiata e libera, quanto l''amore per Nino, il rampollo d'un'altra famiglia, che Maria non riuscirà mai ad esprimere perchè consumata dai timore che questo sentimento sia solo il frutto di una tentazione. Quando infatti si esaurisce anche il timore per la malattia. la ragazza si unirà alle altre novizie per prendere i voti. mentre Nino si sposa can la sua sorellastra Giuditta com'era nei piani della perfida matrigna. La ragazza si dispera, manifesta una profonda gelosia ed è convinta di aver perso la fede; il sentimento è troppo grande per essere espresso ad è mortificato dalle drastiche decisioni del mondo che la circonda e dall'imminente patto con Dio che l'attende. Solo quando si accorgerà che anche quello di sua sorella é vero amore (Giuditta aspetta un bambino), capirà che il suo è un destino gia segnato, da accogliere con serenità e devozione. Ma la ragazza ha capito che d`amore si può anche impazzire e che nei chiostro già un`altra suora aveva patito da novizia le sue stessa pene. Calano neri sudari sui casti corpi promessi al Signore, per la capinera i sogni finiscono qui. L'esposizione laica di Zeffirelli non si limita: per motivi economici e sociali molte ragazze che non ebbero mai la vocazione, subivano la clausura giustificando ii loro disagio come luciferine manifestazioni ultraterrene. Ma ii tema riapre una ferita più infetta: si puo amare Dio, senza per questo dover rinunciare al proprio istinto? La chiave ideologica dell'autore è facile da scoprire: nei chiostro ci si ritrova a fare i conti con un ambiente ostile e cupo, fuori l'uomo é atteso dalla sua libertà, dall'amore per la vita. E benché il film di Zeffirelli esprima solo a tratti questo dissidio, la parte romantica del testo letterario non respira affatto a fatica; unico difetto riscontrabile (che é pressochè una costante nella recente produzione zeffirelliana): il film sembra un condensato di tre puntate televisive: realizzato per il mercato internazionale e risente troppo spesso dei preziosismi tipici del regista toscano. Ciononostante si ha modo di riscoprire una notevole professionaiità negli interpreti (la Bettis, felice scoperta, é perfetta), fra i quali si segnalano due volti celebri del cinema inglese: Vanessa Redgrave e Frank Fìnlay.
Cinema Supercinema, Trani - 18 Marzo 1994 |