Spezzate le "catene" di Amedeo Nazzari, nel periodo più buio per la Benemerita al cinema, strapazzata fra atroci film barzelletta e poliziotteschi violenti, Silvio Amadio (al suo ultimo film) tenta il rilancio del film strappalacrime alla Matarazzo operando un balzo all'indietro di almeno trent'anni. Nella sua totale e imbarazzante semplicità "Il carabiniere" è un film che si aggancia al vagone del cinema popolare, pur procedendo sul binario opposto a quello del rapido di Mario Merola, perchè parlato completamente in italiano. Il film di Amadio appartiene senza ombra di dubbio al ramo florido della sceneggiata bucolica, perchè mette a confronto la sana vita familiare contadina con la disgregazione che è in atto nelle case lussuose di infelici imprenditori schiavi del vil danaro. Esemplare a questo punto diventa il ruolo cucito addosso ad un Enrico Maria Salerno "malamente" che diventa per l'occasione uno spocchioso ed antipatico vedovo, padre autoritario di una figlia turbata dalla tragica scomparsa della madre. L'imprenditore dai modi sbrigativi, che non disdegna amicizie altolocate e agganci camorristici, vuole mettere le mani su un terreno edificabile che appartiene a due poveri contadini (Fabio Testi e Massimo Ranieri) che non vogliono vendere a nessun prezzo per non far dispiacere alla povera mammà. Il ricco tiranno giura tremenda vendetta.
La situazione precipita quando uno dei fratelli (il più piccolo e fragile) si innamora proprio della figlia del malamente e l'amore per la ragazza viene naturalmente osteggiato per vendetta e sfregio dal padre. Conseguente scelta di cambiare aria, entrare nell'arma e rifugiarsi a Roma. Epilogo macchiato di sangue: con un duplice omicidio (il primo per vendetta, il secondo per giustizia), un crepacuore naturale e le porte del carcere che si riaprono. In fondo andare in galera per una buona ragione fa meno male...
Mai si era visto un meccanismo a regola d'arte ideale per l'utilizzo di fazzoletti e con tutte le figurine minori (il prete brontolone, il chierichetto birichino, i villani litigiosi) in perfetta interazione come nella classica sceneggiata da teatrino popolare. Tuttavia stupisce vedere coinvolti in un cinema di poche pretese grandi attori di tradizione come Enrico Maria Salerno (il cattivo) e Valeria Valeri (la povera madre) al di sotto delle proprie possibilità. E benchè spesso la semplicità necessaria si trasformi in banalità, attraverso alcuni improbabili sviluppi della trama, vanno comunque rispettati gli strambi canoni del cinema anni '80: far convivere fotoromanzo (con commenti musicali degni dei baci perugina) e pistole in assoluta naturalezza. Con uguale intensità ma imbarazzante pochezza.
DVD - Agosto 2008 |