Il critico che ha superato i trent'anni e che per timide ma legittime questioni di gusto personale si è sottratto volutamente alla visione di questo film alla sua uscita in sala azzarda volentieri un'operazione di recupero in nome delle buone norme di democrazia cinematografica. In gergo la si può definire prova d'appello. Quando la pellicola si può apprezzare a distanza tranquillamente in poltrona, il rimpianto può anche rivelarsi indolore. E' il caso di "Come tu mi vuoi", pellicola appartenente alla commedia giovanilistica di cassetta che ha fagocitato nella stagione scorsa un buon bacino d'utenza, con tanti film identici. Il fenomeno va affrontato con minor diffidenza e molta attenzione perchè quando un prodotto italiano trascina un crescente numero di spettatori, scatta automaticamente l'analisi di mercato.
Che tipo di film è in definitva "Come tu mi vuoi"? E' una sorta di favola moderna, una Cenerentola contemporanea ambientata a Roma fra fighetti pariolini e sfigate ragazze di provincia costrette a lavorare in trattoria per sostenere gli studi. Sullo sfondo la solita questione dell'essere e apparire. I figli di papà che possono permettersi auto di lusso e serate da sballo in discoteca e vivono il benessere dell'eterna giovinezza senza curarsi della realtà e gli sfortunati che vestono ridicoli maglioni della nonna e non badano al proprio fisico denigrando il mondo vuoto che non riusciranno mai a conquistare. Sulla base di timide ed appena accennate premesse sociologiche si svolge la storia d'amore di Giada (Capotondi) e Riccardo (Vaporidis): così diversi e lontani da essere beccati insieme dalle frecce di Cupido. Lei bruttarella e sgraziata, ma vispa ed acuta, lui perfettino e corteggiatissimo nell'ambiente vip delle serate nei privè. Entrambi universitari, ovviamente con risultati opposti. L'amore sboccia ma è travagliato; lei per essere accettata finisce per amore nelle mani di un "architetto estetico" che la trasforma in una ragazza sensualissima senza riuscirgli a rimuovere il suo cervello pensante. Rancori, gelosie e telefonini che squillano a vuoto. Fino al lieto fine, per la gioia dei piccoli critici.
L'esordiente Volfango De Biasi si adegua alla moda del cinema per teenagers sforzandosi di dare un senso morale al racconto dove la Capotondi e Vaporidis potenzialmente dovrebbero essere la Loren e i Mastroianni di domani. E qualche dubbio a riguardo sinceramente appare legittimo. Il regista parte da un'analisi impietosa, figlia di Shakespeare e Pirandello, sulla crisi ideologica attuale e sullo sperpero della bella età in pasto alla globalizzazione televisiva, sul concetto di maschera e sulla diversità. Offuscate dai dialoghi le premesse antropologiche si volatilizzano immediatamente. Sorvolando pure sui limiti tecnici di un prodotto che meriterebbe altri lidi (magari una soap a puntate...), il film scivola che è una bellezza in una leggerezza narrativa che si sottrae perfettamente ad ogni seria valutazione critica. Lasciamo ai due protagonisti il gusto momentaneo dell'arena fra foto scattate dai cellulari e autografi sui diari magari davanti a platee stracolme. Perchè semmai si tornerà a parlare di "Come tu mi vuoi", sarà fra vent'anni per questioni di rivalutazione. E' tuttavia un angosciante specchio dei tempi, piuttosto edulcorato rispetto alla vita reale dove accade di peggio. Diseducativo quanto basta per compiacersi della negatività del mondo che racconta. Anche la redenzione del giovane Vaporidis/Dorian Gray che cede alle lusinghe della vita agra è falsa, poco credibile, artefatta e insufficiente a raddrizzare il disagio giovanile. Il film spreca il fiato e punta proprio sul consenso del mondo che condanna e sui soldini dei ragazzi che al botteghino non vorranno essere infastiditi da questa gratuita paternale. Ad ogni buon conto non è comunque questo il cinema "come noi lo vorremmo". E avendo a posto la coscienza crediamo sul serio di non meritarci le noiose beghe sentimentali (anche se per nobili fini costruttivi) di questi due sbarbatelli.
DVD - Settembre 2008 |