Inghiottito dall'esaperata ricerca di una personale alta cifra stilistica e di un distacco dalla mischia, il cineasta napoletano Pappi Corsicato era rimasto in disparte per ben sette lunghi anni senza più girare nulla dopo "Chimera". Un film sbagliato, troppo rischioso, poco compreso ed apprezzato aveva scatenato una sorta di momentaneo allontanamento dal cinema inteso come forma espressiva e non come passatempo. Con "Il seme della discordia", film che ha nel titolo e nelle buone intenzioni certe affinità con il pianeta Marco Ferreri, ritorna carico di speranze affrontando, a suo dire, temi serissimi attraverso il dolce filtro dell'ironia e del buon umore.
Il risultato è un imbarazzante pastrocchio che non mancherà di divertire parenti ed amici stretti, presentato audacemente in pieno concorso alla mostra cinematografica di Venezia, accanto alla nutrita ma discussa e deboluccia delegazione italiana (Avati a parte). Da dove cominciare? Dalla storiella che muove l'interazione delle molte donne e dei pochi uomini inanellando una serie di vicessitudini più o meno possibili in un mondo reale, ad esempio. Caterina Murino è una giovane e piacente moglie trascurata dal marito Alessandro Gassman, rappresentate di fertilizzanti, ossessionata dalle insistenze della madre che vorrebbe quanto prima dei nipotini che tardano ad arrivare. Proprio per colpa di queste pressioni entrambi i coniugi si sottopongono ad un test sulla fertilità. In meno di tre giorni avviene l'incredibile: lei si scopre incinta e lui sterile. Come è potuto accadere? Stando all'evoluzione del racconto la povera ragazza teme che l'incidente sia frutto di un "amore rubato" durante uno stupro messo in atto da due teppisti o da un soccorso "estremo" prestato da un aitante metronotte. La verità ci è negata, così come tutto il resto per ragioni di chiusura anticipata del racconto. Nel frattempo per questioni di solidarietà (o per attirare gente?) sfilano nell'ordine (e qualcuna sul serio per qualche posa subliminale): Iaia Forte, Monica Guerritore, Martina Stella, Lucilla Agosti.
Scenografie pop, costumi sgargianti e un accenno al musicarello sono praticamente l'unica dote di un filmetto irritante che non ha molto da dire e quel poco lo esprime male. Corsicato ripercorre scelte cromatiche, arredi vistosi, musica lounge e un insipido gusto per il surreale che non motiva affatto scelte insensate. Il caleidoscopio forzato di intermezzi musicali assurdi e immotivati male si sposa con temi scottanti come la crisi di coppia, l'aborto, la violenza sessuale che restano irrisolti. Il ricco cast che si adopera a fatica per dare credibilità all'insieme si avvale comunque dell'apprezzabile esordio da protagonista di Caterina Murino, che avrà a disposizione ulteriori prove di appello, ma tassativamente altrove. Pescando spudoratamente ora da Almodovar, ora da Ferreri (la scelta della periferia come luogo fuori dal mondo) e un pizzico dai folli cromatismi di Tarantino Corsicato non riesce a trovare il cosiddetto onore della firma e aleggia nel nulla, a volte con noia, ma mai con autonomia.
E il film resta un gioco, bello forse perchè dura poco, davvero discordante, caduto nelle maglie della selezione ufficiale per la distrazione o la lungimiranza di chi non riesce a capire che il cinema è soprattutto comunicazione, non solo compiacimento.
Pala Biennale, Lido di Venezia - 5 Settembre 2008 |