Tragedia familiare contemporanea, in bilico fra pessimismo artefatto e avvilente realismo, "Un giorno perfetto" segna un radicale cambiamento nella carriera di Ferzan Ozpetek. In primo luogo perchè ricavato da un romanzo, poi perchè pur essendo un film corale si sofferma sulla disperazione di alcuni personaggi, prendendo le distanze dal tipico stile confusionario ed irrisolto dei suoi film precedenti. Il film racconta il malessere della vita di coppia, quando non si hanno più cose da dire. E' un faro impietoso puntato all'interno di focolari spenti e di famiglie provate dalla vita agra del 2000. Si parla delle 24 ore di Emma (I.Ferrari) e Antonio (V.Mastandrea), che vivono da tempo il dramma della separazione, con due bambini adorabili che non ne hanno colpa. E' un giorno perfetto da vivere con gioia: la figlia di un deputato compie sette anni e si prepara a festeggiarli, suo fratello maggiore deve dare un esame ma è in rotta col padre che pensa solo al successo, una professoressa ambigua si sente sola, la giovane moglie del suddetto deputato soffre l'assenza del partner. Su questo scenario di un composto vivere quotidiano si instaura il dramma dei due protagonisti. Antonio è sconvolto perchè vorrebbe stare con i suoi figli, fa il caposcorta ma non ama il suo lavoro; Emma invece ci tiene al suo posto, ma viene licenziata per anzianità e non ha il coraggio di affrontare questa disgrazia. Altre storie si incrociano in una Roma notturna, uggiosa e caotica. Poi la tragedia che dilania l'apparente serenità di un appartamento un tempo felice: indicibile per come si consuma, ma che lascia spalancata una porta alla speranza.
E' caduto nell'assordante gioco al massacro ai danni dei film italiani presentati in concorso all'ultima mostra. Colpa di quella cattiva prevenzione con la quale tuteliamo male le nostre risorse. Ma a dispetto dei suoi precedenti lavori (discutibili e comunque un tantino al di sotto delle sue capacità), Ozpetek mostra una evitedente maturità e una cura per il racconto che, forse per merito dello script in collaborazione con l'esperto Sandro Petraglia, gli consente un approccio diretto con i numerosi personaggi. In alcuni casi le spiazzanti scelte riportano alla mente il bellissimo "La ceremonie" di Chabrol dove si confondono spesso le inquietanti responsabilità di vittima e carnefice. L'autore riesce a cogliere la negatività del testo della Mazzucco, nonostante le prevedibili varianti. Pur raccontando molte microstorie incrociate, il film riesce miracolosamente ad evitare il rischio dell'incompiutezza. Tutti i tasselli del mosaico si ritrovano così in perfetta armonia e si ha modo così di rivalutare un mostruoso Valerio Mastandrea nei panni di un padre di famiglia moderno, con l'anima dilaniata dalla disperazione o l'incredibile Isabella Ferrari, madre-amica in perenne lotta con la sopravvivenza pratica in un mondo dove nessuno ti regala nulla.
Il film offre interessanti momenti di cinema ma è oscurato dall'angoscia e dal livore di buie notti imperfette e malsane. Esemplare la scelta di un manifesto accomodante. Copertina rasserenante che custodisce in gran segreto un contenuto amarissimo.
UCI Cinemas, Molfetta - 8 Settembre 2008 |