Piuttosto che dover riferire, questa volta vorremmo consigliare ed esortare coloro i quali amano sul serio il sano cinema a riempire in massa le sale che hanno la fortuna di ospitare “Juno”, il film che lo scorso ottobre ha letteralmente conquistato la Festa del Cinema di Roma, facendo impazzire di gioia, piangere e riflettere allo stesso tempo quei fortunati spettatori, irradiandoli con la freschezza e la speranza di questo racconto meraviglioso. D'altra parte per un gioiellino come questo riuscire a mancare la vetta e la gloria della premiazione, ci appariva onestamente all'epoca impresa davvero impossibile. Abbiamo assistito in un certo senso ad una predestinazione legata più o meno ad alcune formalità da sbrigare nell'arco di una rassegna. Ma la fortuna di “Juno”, tenuto inspiegabilmente in stand-by per circa sei mesi, sta proprio nel non essere né ruffiano, né prevedibile pur raccontando un tema spinoso con una incredibile tenerezza, senza per questo cedere al potenziale strazio di melassa e facile patetismo, merito sul quale ci soffermeremo in seguito.
Il film affronta di petto, per così dire, attraverso il disincanto e la risolutezza di una ragazza di 16 anni il tema di una gravidanza indesiderata. Juno (Ellen Page) è infatti una teen-ager molto decisa e sicura che si trova improvvisamente a dover fare i conti con questo enorme problema. Un gioco d'amore con un suo coetaneo, forse inesperto e impreparato alla cosiddetta “sessualità attiva” apre porte e portoni a inquietanti e difficili scelte. Proseguire la gravidanza, interromperla, doverlo confessare al padre (che la adora) e alla matrigna (che la rispetta), nascondersi anche, ma fino a quando? Ed invece incredibilmente la dolce Juno ha la classica intuizione che farà tutti felici: un bambino in arrivo è sempre un dono del cielo, vorrà dire che non avendo l'età giusta per crescerlo potrà cedere il nascituro ad una coppia sterile disposta ad adottarla. E così la ragazza va a conoscere gli aspiranti genitori del suo bambino, cercando di capire se saranno all'altezza di questo difficile compito, tirando fuori dalla sua innocenza di liceale sbarazzina quel senso di responsabilità che, come gli dirà il padre, gli consentirà in futuro di essere davvero madre “alle sue condizioni”. Il pancione aumenta di pari passo con il momentaneo allontanamento dalla dimensione spensierata che le apparteneva. Ma Juno è una ragazza forte e sa farlo capire; il passare delle stagioni e i nove mesi più importanti della sua esistenza saranno scanditi da scelte, ripensamenti, sorprese e scoperte. Ed è proprio grazie a questa incredibile esperienza, a questa sorta di personale lotta contro le convenzioni e le ipocrisie che Juno scoprirà l'amore conquistando infine il treno della maturità.
Film complesso, benchè strutturato all'apparenza con semplicità ed inevitabile “carineria”, “Juno” è la seconda fatica di un giovane regista che fino ad ora non ha mai deluso. Jason Reitman, figlio d'arte, segnalatosi un paio d'anni fa con il bellissimo “Thank you for smoking” si affida, come si dice, anima e cuore ad una sceneggiatura in pieno stato di grazia firmata, pensate un po', da Diablo Cody, sceneggiatrice esordiente che prima di scrivere per il cinema esercitava il mestiere di spogliarellista (non è una colpa, ma un dato curioso).
Ebbene ai dialoghi spassionati, irriverenti e ai battibecchi con lingue affilate di “Juno” non a caso è stato attribuito un premio Oscar fondamentale (quello da cui dipende per la maggior parte la riuscita di un film), meritatissimo proprio perchè ottenuto senza metodi tradizionali. Indipendente e “diverso”, è infatti un film scritto magicamente senza alterazioni furbette, che non ha la pretesa di piacere, né vuole aprire dibattiti sulla questione delle ragazze madri. Nella sua formidabile innocenza è inoltre un racconto sulle stagioni della vita, sulla sacralità dell'esistenza e sull'importanza basilare della forza d'animo. Attori straordinari, già impressi sul taccuino, attesi per le prossime avventure. La giovane protagonista Ellen Page, pilastro del racconto, ha il compito di spiazzare lo spettatore, incantarlo e freddarlo con frasi micidiali, conclusioni e sentenze. Come un personaggio da fiaba (bellissima l'apertura del film), passeggia nel suo mondo con la fierezza di chi sbatte in faccia la propria purezza scalciando il mondo reale. Perfetta nel ruolo, scelta impagabile di Reitman, che alla sua recitazione deve moltissimo. Un film adorabile, che sarebbe piaciuto al grande Marco Ferreri, cui questi argomenti stavano molto a cuore, che alla solidarietà femminile aveva dedicato a suo tempo l'incompreso “Il futuro è donna” (1984). Un film lontanissimo dal quale però rivivono legami ed affinità con questo pianeta che sfugge ad ogni tentativo di esplorazione.
UCI Cinemas, Molfetta - Aprile 2008 (Barisera) |