"Apocalypse now non è un film sul Vietnam. E' il Vietnam". Con questa invettiva d'apertura il regista Francis Ford Coppola iniziò ad affrontare i giornalisti presenti alla conferenza stampa del suo film in concorso a Cannes, dove avrebbe poi vinto meritatamente la palma d'Oro nel 1979. Il suo capolavoro gli era costato tre anni di vita, un'ipoteca sulla casa, un esaurimento nervoso. Portato a termine miracolosamente, a cose fatte erano in pochi ad aver avuto il privilegio di capire quanti e quali problemi erano nascosti dietro il set più monumentale e spaventoso che la cinematografia americana ricordi. "Viaggio all'inferno" appartiene alla ristretta e nobile cerchia dei backstage, ovvero quei reportage realizzati dietro le quinte della lavorazione di un film. Sono documentari rarissimi che il più delle volte si avviano ad un destino prettamente televisivo. Descrivono quello che avviene dietro la macchina da presa: laborioso allestimento scenografico, preparazione degli attori, posizione delle luci. Strutturato in maniera artigianale ripercorre tutte le tappe della realizzazione di "Apocalypse now", mostrando aspetti inediti di quella lavorazione travagliata. L'intento di Coppola era quello di scandagliare il Vietnam, di raccontare la sua tragicità, la sua esasperata e volgare violenza con estremo realismo per meglio avvicinarsi ad un monito nei confronti dell'assurdità del conflitto.
La lavorazione del film era già esasperata in fase di pre-produzione: il progetto era nell'aria da tempo, molto prima che Coppola salisse agli onori della cronaca con i due "padrini". Fu proprio grazie al successo di pubblico di questa saga che il cineasta italoamericano gettò le basi per la Zoetrope, la sua nuova casa di produzione, per intraprendere questa insolita avventura. La pellicola doveva ispirarsi ad un vecchio racconto di Conrad, "Cuore di tenebra": la storia di alcuni soldati che risalgono un fiume per andare ad uccidere un loro superiore che, avendo perso la ragione, stava continuando una guerra personale. Era questo il personaggio chiave che in "Apocalypse now" si sarebbe reincarnato nel colonnello Kurtz, sciagurato e folle ufficiale, che in pieno Vietnam si era alleato con dei cacciatori di teste. Ma il documentario ci mette a conoscenza di altri succulenti dettagli: il film fu girato con l'aiuto delle forze militari delle Filippine, data la scarsa disponibilità dell'esercito americano. Grazie ad un accordo personale con il generale Marcos il regista potè contare sulla disponibilità della flotta militare di quest'ultimo. Unico inconveniente: spesso i mezzi gli venivano requisiti perchè destinati a combattimenti autentici, per via della guerra civile contro i ribelli. Cosa che creò i primi estenuanti rallentamenti sul set. Ma c'è dell'altro: l'incolpevole Harvey Keitel che avrebbe dovuto interpretare il ruolo del protagonista principale fu sostituito a riprese avviate con Martin Sheen. Nella sequenza di apertura del film l'attore era in autentico stato di ubriachezza e frantumò sul serio uno specchio, spezzandosi il pollice. Giunto a fine riprese con un milione di dollari in banca il grande Marlon Brando non aveva letto il copione e lavorò sul suo personaggio sul posto. Tutti questi inconvenienti danneggiarono fortemente le risorse finanziarie di Coppola che per portare a termine dovette associarsi all'United Artist accettando un contratto capestro, fu costretto a nascondere all'assicurazione l'attacco di cuore di Sheen per scongiurare ulteriori ritardi, arrivò addirittura a minacciare il suicidio perchè stravolto dalle maledizioni.
"Viaggio all'inferno" è tutto questo e molto altro ancora: un faretto impercettibile che mette a nudo una mostruosa macchina realizzativa ma soprattutto la forte e folle personalità di un cineasta che seppe affrontare con coraggio e determinazione un'avventura estenuante. Mettono i brividi i brani dei Doors, la confessione di Kurtz e la mattanza finale, i rituali degli indigeni. A questo si aggiungono le testimonianze di John Milius, Vittorio Storaro, Dennis Hopper, le interviste durante le pause, le interruzioni delle riprese per le difficoltà climatiche. Il film dotato di una vitalità narrativa nonostante la sua vena documentaristica si chiude con uno struggente discorso dell'autore sul cinema inteso come forma di espressione autonoma, non figlia di un esclusivo rapporto professionale con la materia. La sua speranza è "che anche una ragazzina grassotella dell'Ohio possa un giorno aspirare a realizzare con una telecamera il suo piccolo capolavoro". Ecco. Il genio passa lo scettro ai suoi allievi. Ma sa di essere bugiardo, lui che all'inferno c'è già stato per tre interminabili anni: senza risorse finanziarie (e lui lo provò sulla sua pelle) si scivola inesorabilmente verso l'apocalisse.
Cinema ABC, Bari - 3 Settembre 1992
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