La dipendenza dalla guerra, come fosse una droga micidiale che provoca assuefazione. L'adrenalina che sale a mille giocando a sorte con il destino, tirando i dadi e sfidando la morte nella speranza di vendere cara la pelle in un territorio ostile e beffardo dove ogni giorno può essere l'ultimo. Gran bel film, questo di Kathryn Bigelow. Un lavoro necessario e "moderno" che ci catapulta senza inutili preamboli nell'inferno della guerra in Iraq che si sta ancora combattendo, evitando storie di finzione colte a pretesto. La straordinaria regista americana ricorre al taglio documentaristico come unico mezzo possibile per riuscire a raccontare la "giornata particolare" di una squadra di artificieri americani obbligata a giocarsela quotidiamente con i fabbricatori di bombe. "The hurt locker" (alla lettera: "la cassetta della vittima", ovvero il contenitore dove vengono raccolti gli effetti personali dei caduti in guerra) è un reportage di oltre due ore che volano via tenendo lo spettatore col fiato sospeso, nell'impossibilità di prevedere gli avvenimenti. Si sottrae così ad ogni convenzione cinematografica ma soprattutto alle trappole del buonismo e della propaganda. Si priva agevolmente di una storia vera e propria iniziando e chiudendo come fosse un bollettino di guerra: raccontando fedelmente 40 giorni di servizio trascorsi a braccetto con la lotteria della morte. Siamo ai giorni nostri in una Bagdad spettrale dove tutto è vulnerabile, ma le bombe non cambiano mai idea. Durante una dismissione non andata a buon fine la squadra perde una pedina importante. L'esercito lo rimpiazza inviando sul fronte il sergente William James (Jeremy Renner) che a differenza degli altri suoi commilitoni ha una marcia in più per sopravvivere: la follia. Da sminatore esperto che da del tu alla morte e ha confidenza con esplosivi, fili e denotatori, James non ha esitazioni e si comporta con una sicurezza ed una tracotanza che infastidiscono e mettono a repentaglio la vita dei suoi compagni. Ma il sergente non sa far altro nella vita e ha preso la sua missione come unica ragione di vita. I giorni passano inesorabilmente tutti uguali e nello stesso modo. Le ricognizioni nascondono insidie dappertutto: macchine sospette parcheggiate, ragazzini che mercanteggiano nella confusione del bazar, civili che dietro una calma apparente possono essere imbottiti con panetti di "C4".
Maledetta la patria che ha bisogno di eroi. Atto di dolore veritiero e tragico "The hurt locker" ha il ritmo serrato dei film d'azione a cinque stelle ma anche la buona stoffa del dramma sociale intimista che scandaglia le pieghe dell'anima, traendo sconcertanti bilanci. Il film è girato con affascinante crudezza sulla base dei racconti del giornalista Marc Boal: il taglio da reportage è dovuto necessariamente alla mancanza di un collante narrativo. Tuttavia la vicenda si concentra sulla personalità aggressiva del protagonista principale, grazie alla formidabile interpretazione di uno spericolato ed ispiratissimo Jeremy Renner. Attraverso una realtà quotidiana spaventosa il film ricostruisce il disagio ma anche l'impotenza di ragazzi ad alto rischio, a stretto contatto con la morte: piccoli e spauriti combattenti mandati allo sbaraglio contro una strategia militare vile e priva di ogni morale (ammesso che la guerra ce l'abbia). In partecipazioni speciali si intravedono Ralph Fiennes e Guy Pearce. Orgogliosi di prendere parte ad un film d'autore. Non a caso "The hurt locker" è stato giustamente presente in concorso a Venezia. Non vorremmo soffermarci sull'indiscutibile buon operato delle giurie, ma sentiamo di aggiungere che dato il suo alto valore qualitativo il film avrebbe meritato un trattamento migliore. Preferiamo sorvolare sulla sensibilizzazione del pubblico e sulle pecche della distribuzione. E' troppo scomodo e fastidioso questo film per riuscire ad assicurarsi quella visibilità necessaria che al momento gli è stata negata vergognosamente anche nel suo paese d'origine.
UCI Cinemas Molfetta - 13 Ottobre 2008 |