C'è un fastidioso narcisismo di fondo abbastanza eloquente già nelle premesse che invita l'interlocutore a parlargli di se stesso. Showman tuttofare, con la pesante e spesso deprimente responsabilità dei figli d'arte, Christian De Sica qualche anno fa era tornato al suo antico amore, portando con successo in tutti i più importanti teatri italiani un musical scritto “su misura” da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime. Questo vivace campo di battaglia vissuto sul palcoscenico viene trasferito di forza sul grande schermo, per la regia del figlio Brando, nobilitato da una formazione artistica in terra straniera e dal bene placido di David Lynch. “Parlami di me” scorre senza sussulti e incredibilmente privo di fantasia come un compitino ricopiato con la stessa aridità delle decalcomanie. Christian De Sica, grande mattatore, cavalca la scena con l'impassibilità di chi si è dovuto rimboccare le maniche ereditando soltanto le briciole dell'incommensurabile talento paterno. I numeri musicali passano in fretta in una prevedibile alternanza con il “recitato”, incluso un suggestivo brano di Cechov. Per chi ha visto lo spettacolo in teatro si tratta tuttavia d'un sacrificio evitabile. Piatto e scontato, senza il brio tipico dei backstage, “Parlami di me”-film non buca lo schermo, anzi dilata la crepa fra cinema e teatro, concetto sul quale De Sica ha l'accortezza di soffermarsi cogliendo al volo la differenza. Nel duplice salto generazionale, il pur volenteroso Brando si lascia travolgere da un'inesperienza che fa tenerezza e dalla fretta di vuol bruciare le tappe utilizzando la scorciatoia più agevole. Ma il cinema, che è soprattutto emozione, è ben altra cosa e va tenuto fuori dal politeama. Meglio “rivedersi a Natale”, come lo stesso Christian con lungimiranza preannuncia, rubando anche stavolta la promessa degli aficionados.
Cinema Metropolitan, Roma - 26 Ottobre 2008 |