Gioiellino conteso dai più importanti festival cinematografici mondiali, "Man on wire" torna ad esplorare i territori del rimpianto e della nostalgia, sempre più angosciante, che ci constringe ad osservare con tristezza l'incolmabile vuoto lasciato nel luogo surreale che oggi prende il nome di Ground Zero. Nell'agosto del 1974 il World Trade Center fu preso d'assalto da un gruppo di professionisti della burla per una singolare iniziativa: il funambolo francese Philippe Petit, non nuovo a questo tipo di imprese dopo essersi esibito a Parigi e Sidney, riuscì nottetempo ad eludere la sorveglianza e ad agganciare sul tetto delle torri gemelle una fune metallica, per compiere l’indomani il suo folle percorso nel vuoto per ben 45 lunghissimi minuti. L'impresa ebbe ovviamente brevi strascichi giudiziari: privo di autorizzazioni e, responsabile di una vera e propria intrusione, nonchè potenziale responsabile di un suicidio spettacolare in diretta, Philippe Petit venne arrestato e rilasciato come persona fondamentalmente innocua, ma irresponsabile. "Man on wire" ricostruisce passo per passo quella operazione terroristica a fin di bene, raccogliendo i ricordi e le impressioni dei partecipanti a distanza di ben 34 anni da quel giorno memorabile.
Genere affascinante e "utile", il "docufiction" (ovvero la ricostruzione filmata di fatti avvenuti a telecamere spente) si conferma uno dei metodi più affascinanti per richiamare il pubblico dalla propria parte. "Man on wire" ha nel suo contenuto suggestivo un invidiabile punto di forza che si lega perfettamente al fascino tipico dei reportage delle grandi imprese da guinness dei primati. James Marsch da abile documentarista non si limita comunque ad effettuare una piatta ricostruzione dei fatti avvenuti, ma "diversifica" le sue intenzioni trovando nella metafora la chiave d'accesso alle emozioni, attraversando la strada breve che porta alla memoria senza tralasciare l'ironia. Il film non fa mai riferimento al nefasto 11 settembre 2001, però attraverso filmati d'epoca mostra il sacrificio degli operai per portare a compimento la costruzione di uno degli edifici più alti del mondo. Le immagini di repertorio relative ai primi anni '70 mostrano uno spaventoso cantiere a cielo aperto e una delle meraviglie del mondo trasformata in cenere dalla bestialità umana. Senza volerlo è comunque un atto di accusa, un grido disperato. Il "piano Petit" nella sua assurda bonarietà si rivela un disegno fantastico portato avanti da sognatori e giocolieri di emozioni. Film meraviglioso, incantevole, ben fatto che raggiunge il suo punto massimo nello scatto da prima pagina in cui un puntino a 450 metri d'altezza se ne sta disteso nel vuoto fra le due torri. Una leggenda che comunque non tutti avevano il privilegio di conoscere.
Cinema Metropolitan, Roma - 26 Ottobre 2008 |