Morgan Spurlock, iena d'assalto con operatore sempre al seguito si è adeguato al cinema inchiesta rilanciato dal collega documentarista Michael Moore schierandosi a tutela di un irriconoscibile popolo americano, inesorabilmente orientato verso una spaventosa crisi di individualità. In “Super size me” aveva affrontato abilmente la cattiva educazione alimentare dei suoi conterranei e i danni irreversibili provocati dal cibo veloce, provando sulla sua pelle gli effetti collaterali dei prodotti alimentari di una celebre multinazionale. In questa sua ultima fatica si preoccupa di appurare se Bin Laden e il fondamentalismo islamico in generale costituiscono seriamente una minaccia globale nei confronti dell'America e del mondo intero. Con candida ironia si autoproclama latore di un messaggio di pace e responsabile di una verità da dimostrare, condizionato dall'inquietante impossibiità di poter conferire con il suo famigerato e inafferabile interlocutore. Inaugurato e accompagnato felicemente da simpatiche animazioni Morgan inizia il suo viaggio in Medio Oriente, nella consapevolezza di rischiare la pelle, lasciando a casa la moglie in dolce attesa che a breve lo renderà padre. A contatto con egiziani, palestinesi, sauditi, afgani e talebani Spurlock scoprirà con sorpresa un popolo lontano che non vive affatto di solo fondamentalismo. Si confronterà con genitori della sua età alle prese con gli stessi problemi quotidiani ma condizionati da un odio sviscerato nei confronti della politica estera portata avanti dal governo americano ma che nutre anche un forte senso di rispetto nei confronti del suo popolo. In prima linea in territori ostili per natura Spurlock riesce a comunicare il suo disagio e il suo disappunto nei confronti dell'industria del terrore che ha fabbricato nemici per avere ragioni necessarie per combattere. Dall'altra parte troverà la solidarietà e la moderazione di popoli tormentati dalla mancanza di risorse e dall'ingiusta distribuzione della ricchezza, ma fieri di una dignità annientata dalla propaganda.
Nasce in allegria, come una normalissima operazione giornalistica finalizzata a valorizzare il gusto per l'assurdo, si conclude con l'amaro e inquietante dubbio sulla probabile non totale colpevolezza dei potenziali nemici. Il messaggio di fratellanza lanciato nel vuoto da Spurlock è evidentissimo, così come la seriosità velata dall'ironia del cronista che si diverte come un matto a mettere a nudo le pecche dei regimi dittatoriali (formidabile l'intervista conclusa sul nascere in un istituto superiore dell'Arabia Saudita con gli studenti costretti a rispondere alla presenza dei docenti) e ad illustrate meticolosamente i governi sanguinari appoggiati storicamente in passato dall'America. Esemplare nel perfetto equilibrio fra tragedia e commedia dell'arte, questa ossessiva ricerca di uno sfuggente principe della guerra ha la spinta innovativa di un reportage frizzante e divertente. Con un incombente senso di amarezza che Spurlock riesce ad arginare a fatica.
Auditorium Teatro Studio, Roma - 27 Ottobre 2008 |