Le ragioni che portano sempre più frequentemente a confondere le razze di cinema e letteratura (quando la si può definire tale) sembrano dettate dai passaggi obbligati in nome delle oscure regole del marketing. Tutto questo avviene nell'illusione che, in mancanza di ispirazioni autonome, il cinema avverta la necessità di attingere alle fonti letterarie moderne. Gianrico Carofiglio, il Camilleri pugliese, sembra essere nato con le doti del missionario della scrittura: in questa sua recente ma proficua attività di romanziere è riuscito ad opzionare per cinema e televisione quasi tutti i suoi lavori, una circostanza che forse in passato non sarebbe capitata nemmeno al Manzoni. "Il passato è una terra straniera", scritto nel 2004 e premiato l'anno successivo, approda solo ora sul grande schermo per la regia di Daniele Vicari. A sorpresa le tradizionali doti di giallista vengono tenute provvidenzialmente a riposo, ma è un sacrificio che consente all'autore di affrontare temi torbidi e affascinanti legati alla provincia corrotta, una sorta di invisibile suburra che si anima al calare delle tenebre. Anche il film in questione si limita a riproporre un ennesimo ritratto in nero di un capoluogo pugliese rappresentato dalla piaga del gioco d'azzardo e di una gioventù allettata dalla prospettiva del facile guadagno. Ma dopo aver visto i due buoni lavori di Alessandro Piva ("Lacapagira" e "Mio cognato"), affrontare nuovamente lo stesso argomento sembra rivelarsi un rischio inutile.
Giorgio (E.Germano) è uno studente universitario con il padre che finanzia i suoi studi e conduce un'annoiata esistenza a stretto contatto con la borghesia barese di cui è stufo di fare parte. Una sera durante una tombolata a casa di amici incontra un suo coetaneo che si diletta con le carte, e non lo fa solo per divertimento. Il Lucignolo in questione si chiama Francesco, è un baro di professione e sta alzando cifre astronomiche frequentando i tavoli di poker più malfamati della città. E' ben agganciato alla malavita e i soldi facili piovono dal cielo senza problemi. Giorgio viene ingaggiato come "compare": le partite truccate procedono a gonfie vele e i guadagni vengono puntualmente divisi. Ma è la provincia che ad un certo punto diventa per i due ragazzi un grosso limite imposto che frena le loro straordinarie capacità. Dal gioco si passerà al traffico di cocaina, in una discesa costante verso la perdizione che finirà con lo sconvolgere le esistenze di entrambi.
Non avendo letto il romanzo (grave colpa?), è difficile soffermarsi sulla presunta fedeltà da parte di Vicari al testo di Carofiglio. Ma appare evidente che le lungaggini e i vuoti riscontrabili durante la visione del film non possano che essere attribuibili al romanzo stesso. "Il passato è una terra straniera" ha una prima parte interessante e vivace ma si accartoccia nel declino di una seconda più noiosa e stiracchiata dove viene a mancare nel vero senso della parola la presenza di una trama da seguire. Una splendida Bari notturna, fotografata attraverso scorci più magici della limitata funzionalità al racconto dall'ottimo Gherardo Gossi, fa da cornice alla caduta infernale di questi due ragazzi bravissimi, rappresentati benissimo da Elio Germano e Michele Riondino. Ma nonostante questo il lavoro di Vicari non riesce a scongiurare una piattezza da prima serata che forse, tenendo a bada le elucubrazioni autoriali, era il caso di evitare.
Sala Cinema Lotto, Roma - 27 Ottobre 2008 |