E' un peccato che “Si può fare” di Giulio Manfredonia (in uscita ufficialmente oggi nelle sale) sia stato inserito fuori competizione al Festival di Roma, nonostante quest'anno la delegazione italiana si fosse rivelata più consistente del solito. Un peccato, dicevamo, perchè è un'opera intelligente e gradevolissima che affronta un tema socialmente utile ed impegnato, spesso ai margini delle consuete tematiche sfruttate dal nostro cinema. “Si può fare” trae spunto dalla cooperativa (realmente esistita) Noncello di Pordenone: un gruppo di lavoro costituito prevalentemente da pazienti provenienti da un centro di igiene mentale vicino Milano. Questi ragazzi, abitualmente in preda alla somministrazione di sedativi e ad un'ingiusta emarginazione, ebbero modo, grazie all'intervento di alcuni assistenti sociali, di realizzarsi attraverso il lavoro artigianale e la solidarietà operaia. Il film si svolge nel cuore degli anni '80. Nello (Claudio Bisio) è un sindacalista estromesso dalla lotta per le sue idee moderne relative alla concezione del nuovo mercato. Una volta allontanato dal sindacato viene mandato a dirigere una cooperativa di ex pazienti di un istituto psichiatrico, sotto la tutela di un medico previdente (G.Colangeli) che non condivide la chiusura delle case di cure imposta dalla legge Basaglia, ma non fa nulla per metterli a loro agio. Nello ha un'intuizione geniale: insegnare un mestiere ai suoi ragazzi, motivarli dando un senso alla loro vita. I suoi “dipendenti” diventano formidabili tagliatori e posatori di listelli di parquet. Il lavoro comincia a dare frutti e soddisfazioni. Non mancheranno problemi e intoppi, dovuti alla difficoltà di integrarsi nella spaventosa vita reale. Ma Nello riuscirà ad arginare anche gli imprevisti che spunteranno naturalmente per ridimensionare la conquista della felicità dei suoi ragazzi.
Giulio Manfredonia sulla base di una memorabile e spumeggiante sceneggiatura scritta con Fabio Bonifacci dirige un film equilibrato ed entusiasmante che ha impennate di ilarità ma che riesce ad arrivare al cuore dello spettatore attraverso emozioni autentiche e mai artefatte. Il merito, nell'individualità, è da attribuire ad un grande Claudio Bisio, forse alla sua migliore prova cinematografica d'attore, capace di garantire al suo personaggio un'umanità verosimile e spontanea. Nel far questo il protagonista è servito a meraviglia da un formidabile cast di attori professionisti (fra i quali spicca il bravissimo Andrea Bosca nei panni di "Gigio"), la maggior parte dei quali poco conosciuti, alle prese con il difficile approccio con personaggi disadattati. Ebbene il film non scade mai nel bozzettistismo, riuscendo sempre a mantenere un benefico distacco con il delicatissimo argomento centrale. Tutto questo è puro ossigeno per un cinema italiano che, quando riesce a rivelarsi attraverso intenzioni nobili, merita rispetto e partecipazione. Speriamo che il messaggio arrivi a destinazione consentendo al buon lavoro di Manfredonia di raccogliere il consenso di pubblico che merita. Risate e riflessione raramente si ritrovano così meravigliosamente in sintonia. In questo caso, è un miracolo che "si può fare" alla grande.
Auditorium Sala Petrassi, Roma - 30 Ottobre 2008 |