Romanzo criminale bavarese, dove vengono ripercorsi minuziosamente dieci anni di sfrenata lotta armata in una Repubblica Federale Tedesca messa in ginocchio da una banda di giovani oppositori politici, esponenti della "RAF", organizzazione terroristica legata alla sinistra radicale. Fondata da Andreas Baader con l'appoggio della giornalista di "Konkret" Ulrike Meinhof e di Gudrun Ensslin questo gruppo armato rivendicò nel corso degli anni numerosi attentati compiuti in nome di una reazione popolare contro il dilagante imperialismo americano (un primo pretesto fu il sostegno della causa vietnamita). Le prime manifestazioni avvennero durante la visita dello Scià di Persia nella capitale, preludio ad una sanguinosa ed imprevedibile ondata criminale che si sarebbe estesa a macchia d'olio in tutto il paese fra rapine, massacri, sequestri di persona, omicidi politici. Ma il potere della banda Baader Mainhof varcò i confini: dopo il drammatico sequestro Schleyer altri atti criminosi furono compiuti attraverso l'alleanza con cellule arabe, compreso il dirottamento del 13 Ottobre '77 di un Boeing della Lufthansa, da parte di un commando palestinese. Sotto il comando del capo della polizia Horst Herald l'escalation criminale ebbe, grazie alle fortunate operazioni investigative, una brusca frenata. Catturati e posti in isolamento i singoli membri della banda furono sottoposti ad un processo che tuttavia non conobbe condanne. Quasi tutti i terroristi della "Raf" morirono in carcere in seguito ad individuali atti suicidi; sulle circostanze che portano i militanti a optare per questa tragica soluzione aleggiano ancor'oggi dubbi e sospetti. L'unica certezza è che quel periodo sanguinoso e sconvolgente per un paese funestato dalla spirale della violenza portò la "Raf" a giocarsi la credibilità in seguito ai crimini compiuti ai danni di civili. La causa popolare coinvolse molte vittime innocenti in una vera e propria guerra civile che condizionò a lungo le sorti del paese.
Si tratta di una delle opere più interessanti presentate in concorso al Festival di Roma, una sorta di rivisitazione legata ad uno spinoso e torbido argomento di cronaca moderna ispirata dalla biografia ufficiale scritta nel 1985 da Stefan Aust. Sulla banda Baader Meinhof tra l'altro si era già espressa molti anni fa con "Anni di piombo" la regista tedesca Margarethe Von Trotta, film legato ai tragici fatti di cronaca comuni in tutta l'Europa di quel decennio. Accogliamo comunque con entusiasmo e piacere questa versione dei fatti curata da Uli Edel che propone con stupefacente maestria una lezione documentaristica affidata integralmente alla cura per i dettagli di una ricostruzione impeccabile. Privo di una spettacolarizzazione da fiction, il lavoro si rivela coinvolgente nella sua lampante confezione autoriale. Le scene d'azione ravvivano l'insieme, ma non sono il perno centrale della storia. Le due ore e mezza abbondanti prevedono anche dibattimenti processuali, suggestive immagini di repertorio (quasi tutte legate ai notiziari tedeschi) e una difficile ambientazione perfettamente fedele alla collocazione cronologica. Tecnicamente perfetto anche per felici scelte fotografiche e criteri di ripresa, "la banda Baader Meinhof" antepone il fascino della storia alla sua interpretazione. Il regista mantiene un distacco voluto, si limita alla riproduzione degli eventi senza schierarsi. E così facendo riesce a scongiurare il rischio di politicizzare il suo operato, essendo stata quella della banda Baader Meinhof una piaga legata più alla mortificazione dell'umanità civile che alla ideologia. Cast perfettamente in equilibrio (fra questi un ritrovato Bruno Ganz) con un genuino sapore cinematografico che Edel riesce a garantire con straordinaria autenticità.
UCI Cinemas, Molfetta - 6 Novembre 2008 |