Anche Jerry Calà non ha potuto restistere alla tentazione di salire sul treno in corsa del revival cinematografico degli anni '80, andando a rispolverare, come hanno fatto molti altri suoi colleghi, un vecchio personaggio di un suo film di successo. Ben 26 anni separano infatti "Vado a vivere da solo" (esordio alla regia di Marco Risi) da questo immancabile ritorno; logico pensare ad un cambio di spunti e ad un adeguamento necessario ai ritmi di una comicità sempre più di sterile ispirazione televisiva. Va aggiunto, comunque, che nonostante le strambe premesse di un film che propone un cast eterogeneo abbinando il divo americano Don Johnson ai volti nobili della commedia all'italiana classica (Paolo Villaggio e Gisella Sofio), il risultato non è entusiasmante e nemmeno deludente. Con onesto mestiere Calà si sobbarca il non facile compito di dirigere la baracca, cercando di dare una regolata plausibile ad una lista numerosa ed infinita di personaggi minori. Paradossalmente la grande confusione dettata dal risultato dà involontariamente una certa vivacità all'insieme e, caso stranissimo, "Torna a vivere da solo" pur non rivelandosi di rilevante divertimento mostra un ritmo propositivo in grado di fronteggiare, recuperando un gusto tradizionale, l'imperante declino del cinema commerciale concorrente.
Giacomino (J.Calà), il ragazzo trentenne che sceglieva l'indipendenza per non condividere lo stesso tetto con i suoi assillanti genitori, è ora un uomo di mezza età che deve macinare lavoro per soddisfare le esigenze sempre più pressanti dei suoi due figli e di una moglie (T.D'Aquino), napoletana verace, alla costante ricerca di una maturazione professionale. Incredibile ma vero anche stavolta il povero protagonista avverte il bisogno di tornare a vivere in solitudine nel suo loft superaccessoriato, perchè in preda ad un'imminente separazione. A sorpresa, grazie all'intervento di un suo collega affezionato (E.Iacchetti), riesce a recuperare il suo rifugio, ma non la sua libertà. All'orizzonte ci sono nell'ordine nubi non proprio incoraggianti: i suoi anziani genitori che bisticciano e si separano a sua volta, chiedendo asilo; la moglie incattivita da un'amica invadente che semina zizzania; i problemi adolescenziali dei suoi ragazzi; la voglia di mettere a frutto la sua nuova identità di single, accogliendo sotto le lenzuola le mogli annoiate dei suoi amici. Morale della favola: anche questa soluzione provvisoria non auspicherà una sua meritata tranquillità. Giacomino dovrà rimboccarsi le maniche per mettere ordine nella sua vita.
Anticipato e chiuso da una trasmissione televisiva immaginaria dove la padrona di casa Mara Venier apre bocca a sproposito su statistiche di sociologia, il film di Jerry Calà offre un divertimento modesto, destinato ad essere presto dimenticato, comunque privo (ed è un gran merito) di forzature dettate dalla trivialità e dalla comicità scurrile. Al limite infastidisce l'uso smodato ed eccessivo del "product placement": più che una pellicola, a volte sembra di assistere ad una cinevendita. Con mestiere e pazienza l'attore veronese riesce a circondarsi di buoni caratteristi e, pescando nel vivaio delle giovanili, riesce a valorizzare l'attrice emergente Mercedesz Henger, molto più credibile rispetto alla madre Eva, non avendo nulla da invidiare alle attricette che frequentano il cinema mocciano. Divertente e disinvolto l'Enzino Iacchetti in un ruolo a sorpresa; l'effetto commemorativo e nostalgico è spento in partenza dal tentativo da parte di Calà di recuperare, fra una battuta e l'altra, la necessità di un racconto costruttivo, non fine a se stesso. Certo ce ne vuole perchè il film possa essere annoverato come una satrira sociologica sui tempi bui che stiamo vivendo. Però sotto certi aspetti, ed è questa la grande novità, "Torna a vivere da solo" richiama i tempi brillanti della pochade classica, la commedia degli equivoci di un tempo, caduta in disgrazia per colpa di sceneggiatori improvvisati. Chi ha buona volontà può anche accontentarsi, in fondo la qualità oggi si misura con un criterio di valutazione ormai irriconoscibile: se lo paragoniamo alla "Fidanzata di papà", il film di Calà sembrerebbe girato con la supervisione di Ingmar Bergman.
Cinema Alfieri, Corato - 8 Dicembre 2008 (Barisera) |