Caccia al tesoro sul mare in tempesta della crisi di coppia. Ovvero prontuario di pronto consumo dove si vuole dimostrare che gli equilibri agitati dalla non facile convivenza, possono essere ristabiliti a volte dal gusto per l'avventura e dalla tregua per raggiungere traguardi comuni. E così se il marito e la moglie si accapigliano fra le mura domestiche, la ricetta giusta magari potrebbe consistere in un'alleanza, nel momentaneo allontanamento di famelici avvocati divorzisti, e nella ricerca di un tesoro da spendere in alimenti. Bastassero un forziere e una mappa per risolvere lo scoppiettìo incessante di storie d'amore dalla vita breve, ci imbarcheremmo in molti, anche perchè i mitici mari dei Caraibi non sono poi così pericolosi come certa letteratura avventurosa per anni ci ha fatto credere.
E' con un pizzico di nostalgia e anche di rabbia che accogliamo questo ennesimo tentativo di giocare con il cinema dei sogni. Nostalgia perchè certi sfondi da cartolina, certe musichette tendenti al reggae e qualche espediente di cartapesta ci ricordano l'infanzia e i matineè, canaglie e filibustieri sempre con un piede nella fossa che riuscivano a mettersi in salvo all'ultimo secondo, baci al tramonto e tesori sommersi da recuperare. Rabbia perchè questo tipo di cinema spesso viene stravolto dai meccanismi ormai logori da parco giochi dove la fisicità dei protagonisti ha il sopravvento sulla storia (comunque dilatata a dismisura) che torna ad essere un pretesto, perdendo il suo fascino narrativo. Pensiamo soprattutto alla trilogia dei “Pirati dei caraibi”, tirata a strappi fino al terzo capitolo con un insipido diluente.
E il forziere stavolta è davvero vuoto e rischia di far impazzire soltanto lo staff che ha allestito il baraccone: il pubblico, che ha bisogno di maggiori attenzioni, volta le spalle già dopo una buona mezz'ora. Lo scarso apporto di sequenze subacquee che, stando alla logica, sono l'arma vincente dei film d'avventura ambientati negli abissi attenuano l'entusiasmo, mortificano l'interesse. In passato a riguardo è stato detto molto, e se vogliamo anche meglio.
E così del filmetto di molte pretese ma di scarsa sostanza restano poche, quantificabili briciole da annotare per onore di statistica: il gigante ma imbarazzato Donald Sutherland, meravigliosamente canuto, che gioca a fare il magnate con gran classe e l'inguardabile “bella coppia” da copertina composta da Kate Hudson e Matthew McConaughey. Non eccellendo in simpatia e avendo come repertorio lo sfoggio da fotoromanzo di una buona palestra e di avveniristici centri estetici cadono nella trappola classica: un set cinematografico è molto diverso dalla passarella di una sfilata, i tempi vanno rispettati. Nel pallido tentativo di rievocare le litigiose coppie del cinema passato, non c'è sfida: l'epoca in cui Michael Douglas e Kathleen Turner bisticciavano da un avventura all'altra in meravigliosi scenari esotici è davvero molto lontana. Su questi galeoni fantasma alla deriva le nuove proposte farebbero meglio a non imbarcarsi affatto..
Cinema Politeama Italia, Bisceglie - Aprile 2008 (Barisera) |