"Ci rivederemo all'inferno", "...già". In questo fulmineo scambio di battute che precede d'un soffio un'esecuzione liberatoria (faccia a faccia, naturalmente) si ritrova grazie a Dio la natura autentica, la radice essenziale del western classico. Clint Eastwood, classe 1930, celebra con "Gli spietati" un suo amore antico per un genere cinematografico a cui deve il successo di personaggi entrati prepotentemente nei cuori dei suoi fedeli e devoti cultori. Un omaggio che, tuttavia, questo straordinario artista americano ha dovuto inseguire per circa un ventennio, rivalutando appunto uno stile poco amato dalla critica internazionale. Dedicato alla memoria dei padri fondatori di questo cinematografare, da Sergio Leone a Don Siegel, tende comunque a distaccarsi dai precedenti stili con cui comunque è sempre in debito. Eastwood ne accentua infatti il fascino crepuscolare e il sottofondo poetico, con risultati formidabili che vanno ben oltre la funzionalità del western come puro intrattenimento. Le sei nominations attribuite per i suoi innegabili meriti tecnici (fra questi la stupefacente fotografia di Jack N.Green, le suggestive scenografie di Henry Burnstead e la bellissima sceneggiatura di David Webb Peoples, autore dello script di "Blade runner") costituiscono per questo lavoro il piccolo coronamento professionale di un artista destinato a furor di popolo ad entrare nell'albo d'oro dei grandi del cinema.
Wyoming, fine '800. Una didascalia ci annuncia nel prologo che l'amore ha vinto la violenza. Una madre con una spina del cuore si addolora perchè la sua dolcissima figlia è andata in sposa ad un violento e manesco assassino, Bill Munny (Clint Eastwood). Quando la giovane moglie muore di vaiolo, il bounty killer dagli occhi di ghiaccio sotterra la sua colt e la sella del suo cavallo, dedicandosi alla vita agreste, all'allevamento dei maiali con l'aiuto dei suoi adorabili figli. Poco dopo un drammatico fatto di cronaca sconvolge la quiete della piccola cittadina di Big Whiskey: una prostituta viene sfregiata da un cowboy rissoso e attaccabrighe. Il lunatico e irrequieto sceriffo Little Bill (Gene Hackman) lava l'onta con un misero patteggiamento (la consegna di alcuni cavalli come risarcimento) costringendo le donne del postribolo a raccogliere una consistente somma di danaro mettendo una taglia sulla testa dei due impuniti criminali. Il giovane Scofield Kid (Jaimz Woolwett) comincia a rastrellare la prateria, cercando di assoldare il famigerato Bill Munny che si è ritirato nella sua umile fattoria. Dopo averlo trovato lo convince a disotterrare la sua vecchia pistola e a risalire sul suo cavallo capriccioso: la taglia aspetta solo di essere incassata. I due spietati stringono alleanza con il vecchio pistolero di colore Ned Logan (Morgan Freeman), che si unisce alla missione. Big Whiskey diventa in breve tempo meta di predatori in cerca di soldi facili, con il disappunto dello sceriffo Little Bill, refrattario alla vendetta privata e all'uso delle armi...
Sullo sguardo fisso e raggelante del vecchio Clint si trovano due aspetti sostanziali: il dolore fisico e un grigiore psicologico, che sono praticamente le due facce di una stessa medaglia. Questa volta però l'armonia dei singoli elementi raggiunge vette altissime: i volti nella notte e i bellissimi scenari naturali che aprono e chiudono la pellicola ne accentuano l'epica. Dando maggiore importanza ai ruoli minori, Clint Eastwood trascura per la prima volta la parte attiva del suo nuovo eroe (che è un dimenticato, un pentito o più semplicemente un uomo sulla via della redenzione), personaggio dalla straordinaria complessità. L'autore punta i riflettori sullo smarrimento esistenziale di un pistolero costretto a tirar fuori il suo lato oscuro, a recuperare la sua identità leggendaria offuscata da un rifiuto della violenza. E cerca di sfatare il suo passato, rifugiandosi in un anonimato (come il fuorilegeg Josey Wales de "Il texano dagli occhi di ghiaccio") destinato prima o poi a cedere alle provocazioni e alle intimidazioni.
Nato essenzialmente per non aggiungere nulla di nuovo ai suoi spettacolari western precedenti (e il soggetto nella sua ovvietà appare per certi versi solo un ingenuo pretesto), ma per riunire in un "kolossal" da offrire alla storia, "Gli spietati" è in sostanza un'opera spettacolare ricca di emozioni, da non perdere per nessuna ragione al mondo. Privo di facili moralismi e di furbetti indirizzi ideologici (con i quali purtroppo ancora oggi si riescono a fare man bassa di statuette), il film è una pagina suggestiva di un glorioso almanacco, l'opera d'arte che molti suoi "aficionados" aspettavano da tempo. Un affresco realizzato da mani rese ruvide dall'esperienza. E che, a parte lo sguardo glaciale del grande Clint, vanta fra i suoi straordinari partecipanti volti celebri per la loro granitica fattezza: il superbo Gene Hackman, il ritrovato Richard Harris, l'acclamato Morgan Freeman. Orchestrali in perfetta sintonia con un infallibile direttore d'orchestra.
Cinema Impero, Trani - 8 Marzo 1993 |