“Una vita vissuta con paura è vissuta a metà” è il motto iconografato nel logo della società di produzione di Baz Luhrmann, talentuoso e poliedrico regista australiano che viaggia più o meno con lo stesso tachimetro cinematografico di Sergio Leone: quattro soli film nel giro di sedici anni. Ma vanno subito fatte due premesse: questo giovane e spigliato autore che proviene dal musical non ha né l'ispirazione poetica dannunziana del “memento audere semper”, né il contatto pratico con quell'artigianato che era l'essenza del padre del western all'italiana, avendo realizzato un miracolo irripetibile: trasformare un gioco in un mestiere. Servito alla grande dai prodigi del computer, aggiorna con straordinarie sorprese visive quel cinema di cartapesta per il quale per anni si sono dannati in passato scenografi e costumisti che dovevano ricostruire la fantasia nella realtà del set. “Australia” è come un lungo viaggio, dove non si arriva mai a destinazione, passando per numerose stazioni. Un film d'avventura, animato da una storia d'amore, ma anche un western epico, un film di guerra sul ruolo svolto da questo meraviglioso continente durante il secondo conflitto mondiale. Un sovraccarico di buone intenzioni che finisce inevitabilmente col disorientare i gusti dello spettatore medio. Penalizzato da una durata eccessiva e da picchi di noia, è un lavoro che passa con scioltezza dalla commedia al dramma, dal racconto di fantasia al riferimento storico. Per rendere meglio l'idea è come un frullatore che rende tutto in poltiglia: troppo insipido per saziare, abbastanza consistente per essere somministrato in piccole dosi. Un film epico del quale francamente non si avvertiva la mancanza che ha, stando alle ultime dichiarazioni, deluso gli stessi attori che hanno preso parte all'impresa.
1939. L'ereditiera Lady Sarah Ashley (Nicole Kidman) lascia la sua amata Inghilterra per recarsi in Australia a constatare personalmente il valore di alcuni terreni che le appartengono. Si ritroverà a fare i conti con una terra selvaggia e pericolosa ma soprattutto con la venalità di un ricco e potente possidente intenzionato ad usare tutti i mezzi, anche quelli illeciti, per soffiargli la sua proprietà. Per gestire meglio i capi di bestiame Lady Sarah si affida alla tutela di Drover (Hugh Jackman), un coraggioso e prestante mandriano, che ovviamente conquisterà il suo cuore dopo averne necessariamente carpito la fiducia. Lo scenario ideale per un melodramma accoglie di buon grado le ramificazioni di un racconto che si sviluppa preoccupandosi di includere temi sociali (le questioni razziali legate agli aborigeni) e storici (i bombardamenti della città di Darwin ad opera dei giapponesi), ovviamente grazie all'abuso di una fastidiosissima voce fuori campo che si macchia volutamente di spropositi linguistici e di sballata dizione. E come se non bastasse il capolavoro di Victor Fleming “Wizard of Oz” (nella fattispecie l'incantevole "Over the rainbow" composto da Harold Arlen) diventa il leitmotiv strumentalizzato alla bisogna da quel cinema antico per il quale è consigliato l'uso di fazzoletti. Farraginoso e debordante il film meriterebbe una linea di difesa solo per i suoi virtuosismi tecnici. Scenari mozzafiato, tramonti e benedizioni rivolte a madre natura degni di uno spot commissionato da una filmcommision locale. Peccato che tutto sia finto o artefatto a regola d'arte grazie all'uso della bacchetta magica informatica. Le uniche risorse umane a disposizione peccano di svogliatezza o, cosa ben più grave, avendo fatto di meglio altrove si ritrovano penalizzate da un'opprimente senso di deja-vu. Unico apporto rilevante e ammirevole: il mascalzone doppiogiochista e rinnegato che si butta nella mischia politica, interpretato con geniali impennate di perfidia dal bravissimo e irritante David Wenham.
Cinema Impero, Trani - 17 Gennaio 2009 (Barisera) |