Gomorra cilena, privo del beneficio di un romanzo ispiratore. Ma anche ballata triste, violenta e disturbante sul periodo più buio di un paese lasciato marcire per 17 anni in balìa della più sanguinosa dittatura militare che la storia ricordi. Pluridecorato, sia nella sezione parallela più raffinata del festival di Cannes, che all'ultimo festival di Torino dove ha spiccato il volo verso un suffragato trionfo, "Tony Manero" esce solo ora in pochissime copie per la gioia dei disperati "spettatori da tartufo" che sono costretti a peregrinare di sala in sala sperando nella benevolenza dei pochi esercenti coraggiosi e tenaci disposti a sostenerlo. Stiamo parlando del secondo lavoro diretto da Pablo Larrain, un audace e sporco affresco storico che ci parla di Pinochet e delle conseguenze di un paese stretto per anni nella morsa della disperazione e della fame. E qui si inserisce perfettamente l'assurda vicenda immaginaria di Raul Peralta (Alfredo Castro), ultracinquantenne senza un lavoro fisso, che rimane folgorato dalla "Febbre del sabato sera" e dai meravigliosi passi di danza del grande John Travolta, protagonista assoluto di un film di successo. Raul organizza raduni amatoriali per provare in famiglia le sue invenzioni coreografiche, imitando anche i dialoghi visti al cinema. Ma il suo unico scopo è entrare nella selezione di un programma televisivo dove verrà premiato il sosia di Tony Manero, nome del personaggio cinematografico lanciato sugli schermi di tutto il mondo. Per riuscire a portare a termine il suo obiettivo Raul non esiterà a sporcarsi le mani di sangue, compiendo delitti e misfatti, furti e rapine utili a racimolare il gruzzolo impiegato per l'acquisto dell'attrezzatura. Acciecato da un sogno sterile e futile, Raul non si soffermerà sullo squallore che lo circonda. Una famiglia a pezzi, la sua impotenza e lo scheletro di un paese ridotto in un cumulo di macerie.

Film complesso e stilisticamente ineccepibile, "Tony Manero" patisce eccessivamente i preziosismi a cui il cinema d'autore proprio non sa rinunciare. Il lavoro si adatta perfettamente alla grande misura artistica del suo protagonista principale: un Alfredo Castro bravissimo nel sottolineare la tristezza, il malessere e l'emarginazione sociale di un fallito che si aggrappa ad un sogno impossibile: immedesimarsi in un'icona di successo proveniente dalla vicina e inerte America. Fotografato volutamente con immagini sporche, camera a mano e frequenti fuori fuoco, il film diretto da Pablo Larrain gioca bene le sue carte investendo tutto sull'innegabile fascino della ricostruzione storica. "Tony Manero" è un duro e significativo film politico che non allude mai apertamente al pesante contesto in cui è ambientato. La disgrazia di un uomo privato della sua dignità che rincorre il suo riscatto, cercando di rubacchiare un istante di gloria è il succo amarissimo in cui il film praticamente si realizza. Puro cinema verità, con un formidabile taglio documentaristico e con dialoghi ed emozioni ridotti ai minimi termini. Grande cinema, comunque, per chi se lo va a  cercare.

Cinema Armenise, Bari - 19 Gennaio 2009