Un maledetto nastro adesivo, posto incautamente sulla serratura della porta d'accesso ai piani alti di un sotterraneo, in una notte d'estate del 1972 richiamò l'attenzione di Frank Willis, addetto alla sorveglianza del centro residenziale "Watergate" di Washington. I segni di effrazione, una banda di cinque balordi sorpresi con le mani nella marmellata negli uffici del Partito Democratico (dove stavano riparando cimici e impianti di intercettazione), gli agganci con la Cia, nomi scottanti sulle rubriche che portavano dritto sulla strada della White House. Ci mise due anni Richard Nixon, 37° presidente degli Stati Uniti, per sprofondare nel baratro dello scandalo dopo una lotta all'ultimo respiro a colpi di intimidazioni, tentativi di corruzione e insabbiamenti. La rovinosa caduta di un capo di stato, vivacizzata dai colpi beffardi della fatalità e del caso, sconvolse una nazione che per la prima volta dopo anni di torpore cominciò a riscoprire il valore della dignità e della legalità. Il Watergate tuttavia cambiò per sempre il rapporto fra società e giornalismo. Anzi, per dirla tutta, sovvertì in modo radicale il motore primario della professione del cronista. Bernstein e Woodward, due intraprendenti redattori del "Washington Post", affondarono le mani nel fango, girarono uffici e abitazioni porta a porta per cercare testimoni chiave, condussero un'indagine parallela per approdare, con brillanti deduzioni logiche, al colpo in prima pagina (celebre la fonte occulta della Cia che si è scoperta solo dopo anni di inquietanti interrogativi). Nixon cadde e non riuscì a risollevarsi anche grazie ad una campagna di stampa aggressiva e informata sui fatti con dati certi. Erano gli albori del giornalismo investigativo, profumato ancora dall'aroma della carta stampata. "Frost/Nixon", il capolavoro diretto da Ron Howard si apre con immagini di repertorio e l'audio dei nastri scottanti che Nixon avrebbe fatto meglio a bruciare; il Watergate è esploso da due anni e nell'agosto del 1974 dopo un discorso d'addio il presidente è costretto a rassegnare le dimissioni. Nixon passerà tre anni di esilio dorato nella sua lussuosa residenza californiana, godendo dell'immunità grazie al perdono del suo successore Gerald Ford. Un anchorman di origini inglesi, David Frost (Michael Sheen), fiuta l'opportunità dello scoop del secolo proponendo agli amministratori di Nixon la possibilità di realizzare, pubblicizzare e rivendere al miglior offerente un ciclo di interviste, un faccia a faccia con il presidente uscente. L'occasione è ghiotta per entrambi: una nuova opportunità economica per un ex-statista molto attaccato ai dollari e un trampolino di lancio per un giornalista che potrà ottenere i benefici di un'esclusiva mondiale. Dopo ripensamenti, estenuanti accordi e rivalutazioni contrattuali l'operazione va in porto. Le telecamere si accendono su un duello mediatico di straordinarie proporzioni.
"Frost/Nixon" è la ricostruzione maniacale e priva di sbavature di un evento storico che coinvolse trent'anni fa milioni di spettatori. Il ritratto inquietante di un uomo che aveva una personale concezione del rapporto fra legalità e potere ("nulla è illegale se viene commesso da un presidente per il bene della nazione", parole sue) viene ripercorso da Howard attraverso una sorta di confessione senza esclusione di colpi, sul ring dell'opinione pubblica e in pasto al destino del fotogramma. Nixon che si deterge il sudore e la salivazione fuori campo, con un'attenzione scrupolosa alla forma e non all'essenza. Frost, dall'altro lato della barricata che deve assecondare le esigenze dello show business, venendo a patti con sponsor, i suoi stremati collaboratori che scalpitano per conseguire il colpo facile. Splendida pagina di cinema, comunque, e mostruoso duello attoriale. Straordinaria da parte di Howard la capacità di recuperare un grandissimo ma sottovalutato protagonista del cinema americano come Frank Langella. Per non parlare del bravo Michael Sheen, dandy super truccato e impeccabile, che riesce a cogliere l'arrivismo, il cinismo, la pericolosità ma anche il fascino di un mestiere basato su un'inconscia sopraffazione.
Cinema Opera, Barletta - 8 Febbraio 2009 |