Anatemi e scomuniche all'orizzonte. Visto e considerato che le fonti di ispirazione per la realizzazione di documentari d'assalto (è la nuova moda lanciata dal documentarista Michael Moore) sono in via d'esaurimento perchè non attingere direttamente al tema della fede nel mondo dopo che le armi, la sanità e la politica americana hanno dimostrato il disastro di un paese emarginato? Per comprensibili ragioni logistiche il reportage costringe stavolta i cronisti a mettere il naso fuori dall'America. L'oggetto dell'indagine lo fa assomigliare ad un classico mondo-movie. Come se la passano i praticanti delle principali religioni monoteiste? Quali sono i pro e i contro di un "credo" in cui il motore propulsore è movimentato soltanto dalla paura e dall'umana necessità di una speranza? In questo lungo ed esauriente viaggio in giro per il mondo siamo accompagnati dal simpatico e imprevedibile Bill Maher, cresciuto con ferventi insegnamenti cattolici, deluso dalla conversione all'ebraismo, arresosi davanti ad un profondo ateismo. Quello che Maher vuole dimostrare, porgendo a getto continuo domande da un milione di dollari ai suoi imbarazzati interlocutori è che tutte le religioni traggono profitto dall'impossibilità di dimostrare la loro verità, questione valida per tutti i principi monoteistici. Inizialmente il suo reportage non intende disilluderci motivando l'assenza di un Dio, quanto più semplicemente vorrebbe indurci a riflettere sull'inadeguatezza e sui limiti degli organi preposti a dimostrarne l'esistenza. Un principio giusto, sconfessato dalle sue stesse istituzioni. A spasso sul nostro pianeta il nostro buffo e goliardico intervistatore mette sotto torchio nell'ordine: santoni ben vestiti che svendono il messaggio evangelico raccattando offerte, come se trattasserro un prodotto a buon mercato; fedeli musulmani che negano l'esistenza di un integralismo violento che li spinge a lavare col sangue le colpe degli infedeli; sostenitori dell'ebraismo confusi dalle incongruenze storiche; cattolici che predicano la carità e la povertà, arroccati nella magnificenza di simboli contrari; un nuovo messia che viene da Porto Rico, dice di essere stato incaricato da due angeli, e probabilmente ha ragione visto che agita con successo le masse deliranti. Le conclusioni di Maher sono drammatiche quanto inconfutabili: è solo ed esclusivamente attraverso la religione che l'uomo ha compiuto i suoi misfatti più imperdonabili. Ragion per cui cui potrebbe volentieri farne a meno per il suo stesso bene.
Documentario scomodo e complesso "Religiolus", presentato a Toronto qualche mese fa, è caduto immancabilmente nella rete di una forte crociata ultracattolica che ne ha osteggiato l'uscita, chiamando in causa il vilipendio e l'oltraggio alla religione di stato per colpa dell'eloquente locandina-vignetta raffigurante tre scimmiette che non parlano, non vedono e non sentono (praticamente il principio della fede cieca). I tempi sono cambiati: la tolleranza e la libertà di espressione sono ai massimi storici e sull'operazione non pende per nessuna ragione il cappio della censura. Più che un reportage senza scrupoli "Religiolus" è un'indagine approfondita attraverso le strade buie della contraddizione e dei dogmi privi di controprove. Larry Charles, regista di "Borat", stavolta graffia più attraverso il robusto impianto della sua battaglia laica, che per colpa di una scorrettezza programmata a tavolino per suscitare scandalo. Ciò che ferisce l'uomo, in quanto essere vivente dotato di libero pensiero, è che spesso perde per strada il beneficio del dubbio, per ignavia o per semplice comodità. Sulla nostra paura hanno iconografato cavalieri inesistenti, nemici nell'ombra. La strategia dell'odio viene dalla paura della diversità e dall'intolleranza, ma già si sapeva. Nonostante tutto "Religiolus", attraverso la sua forte vena irriverente e dissacrante, non è mai blasfemo. Nè la legittima richiesta di approfondimento si ritrova mai ai margini del sacrilegio. E' un masso scagliato in uno stagno che solletica la coscienza umana ma allo stesso tempo non lascia spazio ad alcuna certezza che non sia accompagnata da una sottile polemica anticonformista. Più che affrontare di petto un problema della fede, si preoccupa anche stavolta di colpire un bersaglio politico, visto e considerato che resta la religione lo strumento a portata di mano del potere. E il mondo, privo dell'ultima speranza, dovrebbe recuperare fiducia in se stesso, ma si riscopre inevitabilmente più solo.
Cinema Armenise, Bari - 15 Febbraio 2009 |