C'era una volta a Firenze in via Pisana, quartiere Pignone, il famigerato "Cinema Universale". Più che luogo di fruizione cinematografica, un ritrovo come un altro per ingannare il tempo, commentare con cori da stadio le immagini proiettate sullo schermo sudicio, giocare alla passatella con gli spinelli, lanciarsi sfottò irripetibili nell'oscurità di una sala perennemente annebbiata. Il quartiere del resto non offriva molte alternative ed erano tempi in cui bastava molto poco per divertirsi davvero. Un luogo di culto che cresceva le varie generazioni con dignità, resistendo durante gli anni bui alla crisi profonda del cinema. Negli anni '70 divenne il centro di aggregazione per eccellenza dando ospitalità al cinema politico legato alla contestazione. Passavano pellicole impegnate come "If..." e "Fragole e sangue" e l'Universale divenne la sede ideale per organizzare i cortei e le manifestazioni del giorno dopo. Negli anni '80 la programmazione cambiò radicalmente i suoi buoni propositi intellettuali. E all'Universale cominciavano a girare sempre le stesse pellicole, ordinate secondo un preciso ciclo di collocazione mensile, di seconda e terza visione. Il pubblico, tra l'altro, aveva la piena facoltà di scegliere a maggioranza i film da rivedere con una regolare votazione. Una magica alchimia che ovviamente trovava il suo culmine massimo quando si spegnevano le luci; la sala gremita, favorita da prezzi stracciati, imbucati e non paganti, si trasformava in una bolgia dantesca. A farne le spese due vittime innocenti: la cassiera e la maschera. Il film riviveva dal lato opposto allo schermo: su quelle scomode ma romantiche sedie di legno avveniva praticamente di tutto. Leggende metropolitane narrano che un giorno ci fu l'irruzione in sala di una Vespa Piaggio che fece un giro completo intorno alla platea e che addirittura il conducente indisturbato avesse visto il film a cavallo del suo ciclomotore. E ancora: durante "Birdy" furono liberati dei piccioni che, svolazzando in fondo alla sala, sembravano fuoriusciti dal grande schermo. Per non parlare degli apprezzamenti poco carini nel periodo in cui "La chiave" di Brass consentì la rivalutazione del cinema erotico e l'Universale divenne sede istituzionale del machismo fiorentino. Poi anche quel magico e assurdo luogo di innocente perdizione dovette fare i conti con il degrado generazionale e fu fatto a pezzi da volgari esasperazioni (venne meno la spontaneità, dicono). Dopo un breve e rapido declino l'Universale chiuse ufficialmente i battenti nel dicembre 1989, con ovvio sconforto dell'ultimo operatore ingaggiato dalla gloriosa direzione. La caduta del muro di Berlino coincise con la sua inesorabile chiusura: una combinazione strana, ma eloquente, forse non del tutto casuale. Oggi in quel luogo storico, appartenente ad una Firenze lontana, pare che abbia sede una discoteca che irrispettosamente non ha nemmeno cambiato nome al locale. Ma i clienti affezionati al vecchio cinema non approvano: non si scherza con i sentimenti, pensare a quel luogo con una diversa destinazione d'uso è una vera e propria bestemmia.
Tutto è nato dall'idea di Matteo Poggi che nel 2001 ha raccolto in un volumetto ("Breve storia del cinema universale", Polistampa) andato letteralmente a ruba tutti i racconti più divertenti vissuti all'interno di questa mitica sala cinematografica. A distanza di tempo Federico Micali ha voluto girare un documentario celebrativo raccogliendo le testimonianze di tutti coloro che in quell'edificio di via Pisana hanno lasciato un pezzo di cuore: dai vari operatori, al buttafuori, alla povera cassiera che ne vide di tutti i colori. Il film in questione non è altro che l'omaggio affettuoso rivolto a quel cinema di quartiere che ha rappresentato, se vogliamo, tutte quelle sale periferiche di provincia che hanno accolto nel corso degli anni una parte di storia del nostro costume popolare. Fellini, Tornatore e Ferreri si sono spesso soffermati sull'importanza del cinema come luogo di incontro, scenario naturale del patrimonio tradizionale italiano. Appendice del vecchio avanspettacolo, ucciso dal cinema, a sua volta ucciso dalla televisione. Non privo di forzature e di eccessi questo piccolo film rappresenta a suo modo un caso anomalo. Nato come progetto per l'home video, grazie ad un inatteso successo e al passaparola su internet, si appresta a conquistare con fatica una visibilità nelle sale. E' un atto d'amore sincero e simpatico, ma anche un tragico resoconto sull'attuazione di un disdicevole cambiamento irreversibile. I multiplex, le comode poltrone numerate, i divieti tassativi hanno privato la sala del suo fascino trasgressivo, contaminandone la purezza. Nella penombra non si ravviva più l'anima, non si ritrova più la stessa vitalità di un'umanità genuina anche nei suoi scostumati eccessi.
Dvd - 5 Marzo 2009 |