Il cinema martellato, ridimensionato come il piccolo schermo: ormai si trotta mediamente partendo come minimo da una trilogia, in virtù di una moderna tendenza telefilmica. Ma la colpa non è dei produttori e nemmeno può essere attribuita alle oscure ragioni del marketing. Il progetto "Millennium", nato dalla brillante penna del giornalista svedese Stieg Larsson (scomparso prematuramente nel 2004) edito in Italia da "Marsilio", comprende un blocco di tre romanzi di successo scritti nell'arco di due anni che con molta probabilità verranno prossimamente trasferiti sul grande schermo. Un'operazione perfettamente in linea col successo editoriale-cinematografico che ha fatto la fortuna di autori come Tom Clancy, Dan Brown e J.K. Rowling. Penalizzato da un titolo che traduce fedelmente la volontà di Larsson questo primo capitolo ci introduce i protagonisti delle tre vicende poliziesche. Mikael Blomkvist, giornalista nonchè direttore responsabile della rivista economica "Millenium", viene silurato dalla redazione in seguito alla pesante condanna per aver diffamato a mezzo stampa, senza avvalersi di prove sufficienti, l'operato del finanziere Wennerstrom. Senza lavoro e incapace di ripartire dalla sua attività di reporter Blomkvist accoglie lo strano invito di Henrik Vanger, magnate di una delle più floride attività industriali svedesi, che da trent'anni non ha più notizie della nipote Hariet, svanita per oscure ragioni nel nulla durante una parata nella tranquilla cittadina di Hedestad. A Blomkvist spetta il compito di indagare sul torbido passato della dinastia Vanger, per cercare di appurare la morte vera o presunta della ragazza. Nel presumibile incrocio di ricerche in rete, indagini complesse e dichiarazioni raccolte, il giornalista trova sulla sua strada la giovanissima Lisabeth Salander che, con uno stratagemma, è entrata furtivamente nel suo computer scoprendo l'oggetto della sua indagine. Fra i due nasce un istintivo e naturale rapporto di collaborazione. La ragazza nasconde un inquietante passato di violenza, è vessata da un tutore sadico che la ricatta (ma il gioco sporco sarà breve), non riesce mai a sorridere, tanto è in preda ai traumi. La soluzione dell'intrigo arriverà comunque; molti ci rimetteranno la vita ma la missione di Blomkvist andrà a buon fine. Tra l'altro la brillante operazione e la consulenza necessaria dell'esperta hacker che lo affianca gli consentiranno di recuperare la sua occupazione iniziale. Finale aperto: la storia continua.
Il cinema nordeuropeo conferma il suo innegabile stato di forma. "Uomini che odiano le donne" è un thriller che gioca splendidamente con le corde del noir e del poliziesco classico mantenendo per due ore e mezza abbondanti l'attenzione dello spettatore ai massimi livelli. E' come se David Lynch e Von Trier si incontrassero, approdando ad una magica fusione. La violenza esasperata, libera da freni inibitori mostra le pagine buie di famiglie distrutte da segreti indicibili, tutori della legge che abusano dei loro ruoli istituzionali, donne massacrate da impennate di misoginia con malsane radici naziste. Data la formidabile riuscita e la riduzione all'essenziale da parte di un bravo regista (Niels Arden Oplev) in grado di cogliere in pieno lo stile asciutto del suo autore, l'appuntamento rinviato si realizza in una tacita prenotazione. Sappiamo tutti quanto sia necessario e bello chiudere nell'arco di un film l'originalità di una storia. L'opera di Oplev lascia porte aperte, cerca una linea di continuità che si realizza purtroppo in un "arrivederci alla prossima puntata" che già nelle premesse è garanzia di una futura buona qualità.
Cinema Impero, Trani - 29 Maggio 2009 |