Storia di sciarpe e di coltelli. Luca Vanni (Stefano Calvagna) è il leader indiscusso della "Brigata Gladio", frangia estrema della curva che difende i colori di una squadra di calcio (si suppone della provincia romana). Picchiatore sempre in prima linea, durante una trasferta a rischio, nei concitati momenti che precedono l'inizio della gara reagisce ad una carica dei supporters avversari affondando la lama nella pancia di un nemico. Le forze dell'ordine sono misteriosamente assenti e così Luca ha tutto il tempo di darsi alla macchia, rifugiandosi sotto falso nome in una pensioncina con vista panoramica sul Lago di Garda. Braccato, come un leone in gabbia, accetta la maledetta latitanza mettendo a frutto i suoi benefici: fa amicizia con una bella di notte che a comando placa i suoi bollori, e mantiene le spese vive di vitto e alloggio con gli introiti in nero provenienti dalle scommesse sportive (vincite assicurate, con il benestare della dea bendata). Le sue giornate tristi trascorrono nella noia di un deprimente scenario lacustre, ma il riscatto arriva la domenica pomeriggio. Luca, posseduto dal demone della violenza, continua a sfrenarsi in curva allo stadio gufando la squadretta locale, cercando lo scontro nel settore ospiti. Poi inevitabilmente il meccanismo si sfalda e la quiete apparente lascia il posto libero agli incubi: ricattato da due balordi che ne hanno appurato la latitanza, pur di non essere consegnato alla giustizia, accetta di sottostare alle loro pressioni. Ma si innamora anche della bella cassiera della ricevitoria con la quale condivide mistero e solitudine. E' un classico: c'è pure un segreto che accomuna le rispettive esistenze. Doppio finale a sorpresa e morale aperta dedicata a coloro che scambiano la gradinata per trincea: se proprio dovete, fate in modo che i giocatori riescano ad apprezzare il vostro sacrificio.
Regista romano prolifico e discusso, Stefano Calvagna (classe 1970) si sdoppia qui anche in veste di attore per raccontarci delle violenze vissute sugli spalti che da anni costituiscono una piaga italica azzerando il valore sportivo del gioco del calcio. La mentalità ultras, spesso estrema, è la punta di un disagio sociale, di un'emarginazione vissuta sotto i fendenti della repressione e delle conseguenti diffide. C'è ben altro nell'anima di questi poveri ragazzi che si sobbarcano chilometri e chilometri per difendere i colori della maglia, maltrattati da uno stato che non si preoccupa mai di quello che avviene nei giorni lavorativi quando non c'è la partita. La tesi di Calvagna è purtroppo sconfessata da una pellicola non del tutto riuscita, figlia dell'abbrutimento del contesto. Un discreto capitolo di stampo televisivo che con il cinema trova ben pochi legami: a partire dalla sceneggiatura (che parte da uno 0-2 per ribaltare senza alcuna logica il risultato nei minuti finali), passando per l'interpretazione di attori (alcuni provenienti dal tifo organizzato) che fanno del loro meglio per apparire credibili. Un naufragio che coinvolge in pieno un generoso professionista come Mattia Sbragia, coinvolto in una partecipazione straordinaria in un contesto fin troppo ordinario. E che irrimediabilmente non consente a questo lavoro poco riuscito, girato in una ridente cittadina sul Lago di Garda (con il supporto della Film Commission Veneta), di sollevarsi come dovrebbe dai limiti della distribuzione regionale che ha caratterizzato la precedente produzione del regista.
UCI Cinemas, Molfetta - 4 Settembre 2009 (Barisera) |