Fragole e sangue sul Tevere, ma a Valle Giulia stavolta la luna non brilla. Dopo quasi mezzo secolo, scatta naturale l'intento (mica cattivo, per carità) celebrativo che gli ha spalancato "ad honorem" le porte del concorso alla Mostra del cinema di Venezia (il film, onestamente, era bello e pronto da parecchio). Il '68 rivisto da Michele Placido passa attraverso una contestazione capeggiata da Argentero, l'amore libero rappresentatato da amplessi furtivi consumati in biblioteca mentre la protesta si infiamma fuori con i raid punitivi della Polizia di Stato. E una storia d'amore a tre che inizia, finisce, ricomincia tormentando più la pazienza degli spettatori che la credibilità dei volti celebri chiamati a rappresentarla. Il discusso "Grande sogno" raccoglie i ricordi giovanili dell'impegnato regista, chiamato qui per ragioni artistiche a restituire una rievocazione personale di quel periodo infuocato. Lo riconosciamo benissimo nella sequenza di apertura che omaggia "Marcia trionfale" di Bellocchio (dove Placido era protagonista). Il giovane poliziotto Nicola Casella (Riccardo Scamarcio) è sottoposto ad un estenuante addestramento e sopporta le vessazioni del suo superiore, reagendo col suo forte e fiero accento pugliese. Ma difendere lo Stato non è nelle sue corde. Già: il ragazzo legge Brecht e Camus e vuole fare l'attore, ma la dizione lo penalizza, e visto che è belloccio e tenebroso risulta idoneo per una missione da infiltrato. Gli viene infatti chiesto di accodarsi alle assemblee universitarie per carpire, con l'aiuto di un collega, informazioni sui membri che stanno portando avanti le lotte studentesche. E lui che fa? Carpisce la fiducia e le tenerezze di Laura (Jasmine Trinca), ragazza borghese di buona famiglia, che cerca di reagire all'impostazione cattolica della sua famiglia in clima di contestazione generale. Spunta però un terzo incomodo: Libero, studente figlio di operai, che diventa il leader indiscusso del nuovo movimento. Seguono occupazioni e manganellate, mentre la primavera del '68 oltre agli scontri si porta via Bob Kennedy e Martin Luther King. Sognare sarà bello, non quanto il brusco risveglio. Le strade si dividono: la fase embrionale della lotta di classe partorirà un intellettuale, un politico, un attore.
Placido fa bene a scaldarsi quando gli vengono poste domande becere come quella sull'opportunità di farsi finanziare un film sul '68 dalla Medusa berlusconiana. Meglio farebbe la nostra categoria a soffermarsi sule sbavature di un prodotto ineccepibile sotto l'aspetto tecnico (fotografia e musiche in primis), non altrettanto sulla tenitura delle maglie di un racconto che finisce incredibilmente con l'assomigliare un pò troppo ai tormenti generazionali di certe fiction realizzate con il "placido" benestare di funzionari che il '68 non l'hanno visto nemmeno dalla finestra dell'attico. Molte domande andrebbero poste all'autore di "Romanzo criminale" sul criterio di assegnazione delle parti. Scamarcio in divisa che si divide fra sogni e mestiere cercando la "privacy" (testuale) è un guardare non bello, che un pò male fa. Più concreto ed accettabile il tiro imposto a Jasmine Trinca (che si sveste alla bisogna in clima spensierato di liberazione sessuale), con occhiali e cardigan improbabili, e a Luca Argentero che viene pure dal "Grande fratello" ma si è adeguato concretamente all'abc della recitazione, ragion per cui non vi è nulla da eccepire. L'enfasi tipica di Placido e l'abuso di alcuni ricordi personali rallentano il ritmo, nuocendo all'insieme. Meglio lasciar parlare le immagini cinematografiche di quegli anni, con un cinema italiano impegnato capace di esprimersi benissimo. "I pugni in tasca" con un grande Lou Castel, ad esempio. Tenendo presente che si respirava aria di rivoluzione pure all'ombra della Tour Eiffel o lungo il muro che divideva Berlino.
Cinema Impero, Trani - 14 Settembre 2009 |