Per apprezzare appieno l'ultima fatica di Ang Lee (un Oscar, due trofei a Berlino e due a Venezia) bisogna aver fatto un pò di compiti a casa. Aver letto il romanzo "Taking Woodstock" (Rizzoli) che lo ha ispirato è un buon inizio, ma potrebbe rivelarsi essenziale darsi una ripassata e rivalutare il mitico film-concerto di Michael Wadleigh uscito pochi mesi dopo l'evento, riportato al suo director's cut originale in occasione del quarantennale. Presentato nella selezione ufficiale di Cannes "Motel Woodstock" è un film che ricostruisce più o meno fedelmente gli eventi che accompagnarono il backstage dell'organizzazione del più grande raduno nella storia del rock. Tre giorni di pace, amore e musica che cambiarono per sempre la storia musicale di un paese già scosso da fermenti giovanili, motivato da ideologie pacifiste di fratellanza universale mentre inermi coetanei morivano nel fango del Vietnam. Si rivela pertanto divertente ed incredibile la rivalutazione dei meriti poco noti spettanti al giovane Elliot Tiber, un piccolo eroe dimenticato dalla storia, che fu il vero e proprio promotore della maratona musicale che costrinse le autorità competenti ad isolare la zona di White Lake, bloccata dal continuo pellegrinaggio di motociclisti, automobilisti e campeggiatori venuti a celebrare il mistero delle sette note messe in fila in nome di una sacrosanta ragione comune. Figlio unico di due sfortunatissimi albergatori, Elliot si arrangiava come poteva nella gestione di una topaia: lo scalcinato motel "El Monaco". Sommerso dai debiti e dallo squallore di un posto di confine dimenticato da Dio, Tiber ebbe la fortuna in qualità di giovane presidente della camera di commercio di Bethel di ritrovarsi fra le mani un'autorizzazione per organizzare eventi musicali nella zona. Gli occhi di Elliot Tiber si illuminarono quando da un articolo su un quotidiano nazionale apprese che i cittadini di Wallkill avevano respinto la possibilità di allestire un importante concerto per conto di una società newyorchese. Colse la palla al balzo e prospettò al giovane impresario Michael Lang l'idea di montare il palco a valle di un'estensione di proprietà di Max Yasgur, allevatore bendisposto ad assecondare le esigenze di tutti, spostando la manifestazione nelle vicinanze del motel. Il notevole afflusso di giovani provenienti da tutta l'America comportò molti disagi, comunque proporzionali al giro di affari che si registrarono nei tre lunghissimi giorni del bivacco. Il resto è leggenda.
Ang Lee ricostruisce le tappe salienti della preparazione di un evento entrato nel mito, senza mostrare un solo fotogramma di repertorio dello stesso (poca musica, in sostanza). Ma per i woodstockiani di successiva generazione è davvero difficile trattenere l'emozione riascoltando fuori campo le note, riconducibili minuziosamente nella scaletta consegnata alla storia, di Richie Havens e Joan Baez che si odono in lontananza. Combattuto dalle stressanti fasi organizzative, Elliot Tiber riuscì ad avvicinarsi al luogo magico solo quando era ormai spoglio e di quella massa umana non restavano altro che rifiuti, carcasse e sporcizia. Lee celebra senza sbavature quei tre giorni magici, ricostruendo perfettamente un periodo memorabile. Il film rivive attraverso la gioiosa riproposta di umori, sapori ed istantanee di un'epoca felice. E l'omaggio al celebre documentario di Wadleigh rivive attraverso la riproposta dello split screen. Con cura maniacale per i particolari Ang Lee riesce a rifare il controcampo di alcune riprese di quel film monumento. E' un'intuizione geniale che riesce a dare un respiro più ampio alla celebrazione a 360 gradi della spensieratezza che è l'anima essenziale di questa operazione nostalgia. Un film che allo stato pratico rilassa, entusiasma e per un pò ci allontana dal latente pessimismo della nostra epoca con il quale siamo destinati a convivere.
Cinema Opera, Barletta - 9 Ottobre 2009 (Barisera) |