Mero (Sergio Castellito) lavora in un cantiere nautico di Fiumicino, è un padre rude e scontroso che per necessità si è dovuto prendere cura da solo del figlio adolescente Lorenzo (Gabriele Campanelli), nato da una relazione con una giovane ragazza albanese, e sogna per lui una carriera agonistica di successo come pugile professionista. Lo segue come un'ombra, lo allena in palestra motivandolo alla difesa prima dell'attacco, gli pianifica la dieta, i comportamenti, le relazioni con gli altri. Ma è in sostanza incapace di manifestare il suo affetto di padre rinunciando alla sua insistente mansione di personal trainer. Lorenzo d'altro canto è un ragazzo insicuro e impacciato che si riavvicina alla madre per caso, senza però riuscire a ricostruire i rapporti tesi fra i suoi genitori. Un dramma improvviso sconvolge l'esistenza di tutti: per ripicca Lorenzo perde un'incontro, scappa sotto la pioggia insistente dal palazzetto dello sport e trova la morte in un fatale incidente. Logorato dai sensi di colpa e dal suo invadente egoismo, Mero davanti alla tragica perdita del suo unico figlio vede vacillare le sue certezze e si trasforma in un altro individuo: insicuro e spiazzato dall'improvvisa solitudine. Accetta passivamente l'espianto degli organi e insegue il cuore del figlio per tutta l'Italia alla ricerca del beneficiario che rivive grazie a Lorenzo una sua seconda possibilità. Qui troverà ad attenderlo un mondo completamente diverso da quello che si è lasciato alle spalle: un Nord Est gelato da loschi traffici di frontiera e da esistenze amarissime. Mero tenterà di espiare le sue fatali responsabilità mettendo in atto la sua radicale trasformazione, in cerca di un illusorio riscatto.
Alla sua seconda prova dopo l'interessantissimo "L'aria salata" (2006), Alessandro Angelini torna ad occuparsi ancora una volta del rapporto padre-figlio proponendo una storia durissima e complessa. "Alza la testa" è un film a due facce che vira improvvisamente, in seguito al determinante colpo di scena centrale, per via di obbligate scelte narrative che mettono a repentaglio la continuità della storia, con impulsive (e apparentemente immotivate) accellerazioni verso un finale frettoloso. Il lavoro di Angelini si ritrova praticamente portato sulle spalle di un Sergio Castellitto (giustamente premiato alla Festa di Roma dove il film era in concorso) in una delle interpretazioni più intense della sua carriera d'attore, in cui si ritrovano echi di attori drammatici che ci hanno onorato in un passato glorioso. Il protagonista delinea il ruolo meravigliosamente autentico di un padre padrone che naufraga nel mare delle sue colpe, apportando una recitazione dimessa che va avanti per sottrazione. La pietas filiale di un uomo che vive per la gloria del suo unico figlio e assiste impassibile ad un tragico scherzo del destino che glielo porta via è seconda solo al borghese piccolo piccolo ritratto da Sordi più di trent'anni fa. In un film in cui si ritrovano certe morbosità da tragedia greca e da dramma shakeperiano (dove è radicato il concetto di "carne che appartiene") sembrerebbe riduttivo e fuori luogo lasciarsi influenzare dagli sviluppi poco lineari di un epilogo enigmatico in cui è comunque sottinteso un profondo messaggio di speranza. Ma il percorso emozionale scelto da Castellitto, condiviso con grandi attori come Colangeli, Nello Mascia e Camerini, incrocia un rapporto diretto con un patetismo sincero, mai forzato. Un cinema che riesce ad entrare nell'anima nello spettatore, a coinvolgerlo con ritratti autentici di un'Italietta ai margini dove uomini soli, padri solitari, si illudono di educare accarezzando il loro bastone. Esemplare la scelta di Angelini di esprimere lo stato d'animo dei personaggi attraverso i grigi esterni di Fiumicino con l'ausilio della livida fotografia di Arnaldo Catinari.
Cinema Splendor, Bari - 11 Novembre 2009 |