Maledetto sia chi ha dato per scontato che le forme d'espressione artistica siano quasi sempre conciliabili fra loro. "Ce n'è per tutti", ennesimo tentativo di adattare una "piece" teatrale alle logiche del lungometraggio in pellicola, è l'ultima prova fallimentare. Un film inguardabile ed imbarazzante che spiazza lo spettatore attraverso i suoi buoni propositi velleitari e le occhiate alternative lanciate dal giovane regista di turno Luciano Melchionna con un curriculum invidiabile e incredibilmente vario: drammaturgo, sceneggiatore, autore, regista, direttore di festival. Siamo dalle parti (o almeno si vorrebbe essere) della commedia corale ambientata guarda caso nella capitale. Una fauna assortita di infermiere appariscenti e bruttarelle (l'insolita accoppiata Angiolini-Ramazzotti), un ballerino senza cervello che finisce chissà perchè nel letto di un'attrice ninfomane, un operaio con delle idee (Jordi Molla), due rappresentanti che hanno bisogno di lavorare. Il gruppo dovrebbe radunarsi destinazione Colosseo dove un amico comune è salito in cima minacciando di buttarsi di sotto. Si tratta di Gianluca (Lorenzo Balducci), giovane deluso e demotivato da insoddisfazioni professionali e umane, che vuole farla finita perchè non ha sbocchi. In cima al monumento lo raggiunge sua nonna (Stefania Sandrelli) che comincia a coccolarlo e a dissuaderlo dal suo insano proposito portandogli un fagottino da casa. Fuori piove, è un mondo freddo come direbbe Paolo Conte: le telecamere infatti accendono i fari sulla disgrazia umana e penetrano nella casa dei familiari di Gianluca: padre combattente, madre timida e vittima predestinata, nonno che non parla (probabilmente deve essere la ragione contrattuale che ha spinto Arnoldo Foà ad accettare il ruolo). Il cinismo non ha confini e inghiotte quasi tutti i personaggi in una resa comune. Finale tragico, imprevedibile e, caso strano, impreciso perchè forse aperto alla libera interpretazione.
Cosa dire. Se il film in questione rappresenta lo stato attuale del cinema italiano, ci coglie spiazzati perchè apre una vistosa frattura. L'audacia della tecnica (Melchionna non è inesperto, gira bene e la cosa appare evidente) non è confortata da una scelta felice di soggetto e sceneggiatura. La piece teatrale che ha ispirato questa vicenda è tradotta sullo schermo senza un'adeguata mediazione. I tempi teatrali si irrigidiscono davanti al dinamismo necessario richiesto dal cinema. La pellicola ne fa le spese fra la noia, il tedio, la mancanza assoluta di un filo logico, gli sforzi vani da parte degli attori che non recitano, ma abbaiano. C'è Ambra Angiolini, comunque, che ha annunciato in fase promozionale di aver preso parte allo spogliarello più impegnativo della sua carriera. Ma come lo sciagurato (ma bellissimo) "Ultimo capodanno" di Marco Risi, fra qualche anno si parlerà di questo film come di un cult assoluto. Diamogli il tempo di invecchiare e armiamoci di pazienza. Lo stile corale e rapsodico che fa tanto cinema generazionale passa da battute tipo "Io amo i miei acari" (urlata da una casalinga ai due rappresentanti di elettrodomestici che testano un aspirapolvere) a "il dolore? Ce n'è per tutti". Melchionna coglie in pieno il malessere contemporaneo, trasportandolo inspiegabilmente sul grande schermo senza tanti complimenti (citando con audacia nell'epilogo il cittiano "Mortacci"). Da paura il cast eterogeneo: da Stefania Sandrelli (la nonna dell'aspirante suicida) al Bigasluniano Jordi Molla passando per Anna Falchi (che il film lo produce) ed un'irriconoscibile Micaela Ramazzotti. La macchina da presa gioca coi virtuosisimi della steady e misteriosi effetti visivi alla Wim Wenders. Il volenteroso Melchionna sembra fare il passo più lungo della gamba, quasi fosse un Lars Von Trier de noantri. Terribile anche per i pochi affezionati o per gli amici degli amici degli ideatori del progetto, sembra davvero miracolosa ed incredibile la scelta della Medusa di puntare alla distribuzione nazionale. Rispettando l'autenticità del prodotto "indie" il film avrebbe sicuramente giocato più onestamente la sua difficile partita. Se le sale si svuotano e se aumenta a dismisura la frattura fra pubblico e prodotto, stavolta abbiate almeno la compiacenza di non addossare tutta la colpa alla crisi.
Cinema Elia, Corato - 23 Novembre 2009 (Barisera) |