Alberi illuminati a festa ed addobbati dappertutto, tanto per essere in tema, ma nessuno dei protagonisti si scambia gli auguri o fa qualche timido riferimento alla ricorrenza. Per fare un film di Natale credibile, in fondo basta dare dare un appunto allo scenografo e sistemare qualche lucina, come si usa fare nei centri commerciali. Chissà se nel cassetto di Neri Parenti, che ha ormai ereditato tutto l'onere del cinepanettone di fine anno, ci sono sogni da realizzare. Chissà se questo regista prestato alla commedia di massa ha mai sperato in cuor suo, prima o poi, di rendersi artefice di qualcosa di completamente diverso. Certo è che un regista che esterna una frase come "faccio da anni sempre lo stesso film" con timidezza e rassegnazione, è un forte segnale di noia che conferma il peso di un meccanismo ormai logoro. Ma del resto che senso avrebbe cambiare l'allenatore di una squadra che vince sempre? Per quale oscura o folle motivazione un onesto artigiano che ha il solo compito di lavorare una volta all'anno per la sua scuderia dovrebbe opporsi ad una paga sicura? Se lo chiedono in tanti, in primis i critici tanto ostili al gioco mediatico di un patron esuberante ma navigato che ha portato l'indolenza e il disimpegno dietro la macchina da presa. Il pubblico assiste inerme ed impassibile alla rovinosa caduta di una formula che non ha più niente da dire e che, nell'imbarazzo generale, non riesce nemmeno ad assicurare quelle quattro risate per le quali si investono i gruzzoletti vinti a tombola. "Natale a Beverly Hills" è l'ennesima puntata oltreoceanica (fascino del dollaro in calo, se vogliamo) con due storie che procedono su binari paralleli (ma stavolta il montaggio ne rallenta gli effetti). Nella prima Alessandro Gassman, Michelle Hunziker e Gianmarco Tognazzi formano un triangolo casuale. Lui ama lei, lei ama lui e sembrano destinati all'altare. Ma un'amicizia galeotta (non chiedeteci ulteriori spiegazioni: la leggiadria con la quale la sceneggiatura risolve i gradi di separazione è stupefacente) complica le cose. I due piccioncini si ritrovano infatti fra i piedi un perfido spasimante che ricorre a diabolici espedienti per far saltare a tutti i costi il matrimonio. Nella seconda Christian De Sica è un papà distratto che incontra dopo anni Sabrina Ferilli, nei panni della sua ex compagna abbandonata anni prima con figlio a carico. L'intervento provvidenziale di Massimo Ghini nelle vesti di padre putativo con la fissa per il blasone, consente alla donna di sopravvivere. Svelare o nascondere al rampollo l'identità del padre naturale? Meglio soprassedere: De Sica si conferma infatti un inaffidabile e tremendo fanfarone tant'è che la donna lo spaccia per suo fratello missionario in Angola. E giù una girandola di equivoci, situazioni imbarazzanti che si trascinano faticosamente verso la risoluzione dell'epilogo.
Il bilancio Xmas 2009 è in forte calo: si pigia rovinosamente sull'accelleratore della volgarità, si ritorna purtroppo alla gag escrementizia e, in mancanza d'altro, la povera Michelle Hunziker (la forza di volontà inversamente proporzionale al talento) cerca di sfilarsi qualche vestitino in più pur di fare cassa. Abolito quasi del tutto il product placement (evidentemente la politica aziendale non fattura lo squallore), circostanza che crea inevitabilmente un assurdo clima nostalgico se si pensa all'abuso irreale fatto in passato. Christian De Sica, vero stakanovista di un genere ormai morto e sepolto sotto le macerie della massificazione televisiva (Checco Zalone docet), calca un pò troppo la mano in scene madri che non mancheranno di scatenare l'apoteosi nel Colosseo. In questo assurdo gioco antiprofessionale tutti sognano di fare ben altro. De Sica spera di concedersi un ruolo drammatico, la Hunziker di abbandonare quanto prima la cattiva abitudine del film di Natale prima di rimanere imprigionata nelle logiche commerciali della stessa. Tutti però sorridono compiacenti in un'invitante e finta armonia di circostanza. I figli d'arte non mancano di peccare di lesa maestà: passi pure il Tognazzi precisino, ma Gassman junior che si illude di fare il mattatore non rende un buon servizio al grande Vittorio, la cui ombra sovrasta tutti gli eccessi affabulatori del fotogramma. Ma forse i veri mostri sono proprio gli attori che si illudono di interpretarli: quelli che dovrebbero far ridere il pubblico pagante e invece fanno riflettere con rabbia il pubblico pensante.
Cinema Impero, Trani - 22 Dicembre 2009
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