Il film più bistrattato delle feste (apparso nei palinsesti cinematografici alla fine del mese scorso ma destinato presto a soccombere nel flusso di strenne natalizie sgomitanti) vede addirittura in cabina di regia Mira Nair, Leone d'oro nel 2001 per "Monsoon wedding". Il processo di americanizzazione della celebre regista indiana si pregia dell'alleanza con Hilary Swank, due prestigiosi premi Oscar in bacheca ("Boy's don't cry" e "Million dollar baby"), in veste di produttrice esecutiva e ripercorre più o meno fedelmente le tappe più importanti della breve esistenza di Amelia Earhart (1897-1937), celebre eroina che fece sognare l'America nel primo ventennio del secolo scorso. Trattasi infatti di una biografia che con grande sfarzo e dispendio di mezzi cerca di ricostruire un'epoca portata più volte sul grande schermo da illustri esponenti del grande cinema. La storia d'amore che legò la Earhart ad un coraggioso ed intraprendente magnate della carta stampata, George P.Putman (intepretato da Richard Gere), è il debole filo conduttore che unisce le molteplici tappe di una vita meravigliosa orchestrata con misurati sbalzi cronologici, ben rappresentata fra trasvolate oceaniche e record conquistati a caro prezzo in un periodo storico frastornato da venti di guerra, depressione economica e orgoglio nazionalistico per il conseguimento del grande sogno americano. Grande sognatrice, figlia orgogliosa di una terra aspra e dura come il Kansas, la piccola Amelia insegue con trepidazione un semplice traguardo: essere la prima donna americana a salire a bordo della cabina di pilotaggio di un aereo. Ma le sue imprese vanno ben oltre l'immaginabile: a bordo di un Fokker F7 entra a far parte dell'equipaggio che nella primavera del 1928 attraversa in meno di 24 ore l'Atlantico atterrando in Nord Europa. Conquistata dall'esperienza a bordo del velivolo la Earhart comincia a fantasticare l'impresa successiva, con la stampa ai suoi piedi e la consapevolezza di poter trasformare tutto in oro diventando testimonial pubblicitaria, usando la sua gloria per investire nel business. Altri piccoli record consentono ad Amelia di maturare una sicurezza e un'esperienza senza precedenti in aviazione. E così, fra l'incredulità generale, si prepara alla sua sfida più pericolosa: il giro del mondo in solitaria a bordo di un velivolo. Impresa che gli costò la vita nelle concitate fasi di un atterraggio impossibile nel cuore del Pacifico al largo dell'atollo di Howland la mattina del 2 Luglio del '37. Sospetti e dicerie avvolsero in un manto misterioso e poco chiaro il triste destino dell'eroina d'America, il cui corpo non fu mai trovato.
La pregevolezza di "Amelia" sta indubbiamente nel fatto che il film non sfrutta più del previsto il magico filtro del dramma sentimentale. Come tutte le biografie che si rispettino Mira Nair riesce a ricostruire con interesse ed entusiasmo la forte personalità di una donna vissuta a stretto con tanto con la libertà e la propria indipendenza. La circostanza incrementa fortemente il fascino storico della pellicola che, grazie ad una colonna sonora strepitosa di Gabriel Yared, tiene a bada l'irruenza del patetismo facile. Con un Richard Gere piuttosto contenuto e alquanto restio al coinvolgimento alla prassi del "feuilleton", Mira Nair riesce a valutare al meglio lo straordinario lavoro di Hilary Swank, qui nuovamente alle prese con la magia di un personaggio insidioso e passionale. Terzo incomodo, ma anch'egli defilato, Ewan McGregor nei panni di Gene Vidal, l'uomo che ebbe con questa grande donna una relazione segreta e tormentata. Fra nuvole e cieli tersi che tolgono il respiro si proiettano le piroette di una grande sognatrice che scaldò il cuore di un'intera nazione. Strano a dirsi: "Amelia" è forse uno dei più recenti film stranieri in grado di garantire il fascino perduto dell'avventura. Funzionale o, se vogliamo, dignitosamente utile alla sua causa.
Cinema Politeama Italia, Bisceglie - 11 Gennaio 2010 |