La Medusa rinnova piena fiducia, partecipando alle spese del terzo film da regista di Eduardo Tartaglia, volenteroso e garbato napoletano di formazione, ovviamente, teatrale che affonda le sue radici nella comicità verbale e nella classica commedia degli equivoci. L'unico suo difetto, ci duole dirlo, è un ingenuo anacronismo di fondo che rischia di perdersi per strada se paragonato agli schemi di abusata matrice televisiva che, inevitabilmente, hanno esautorato le risorse comiche del nostro paese. Anche stavolta le premesse per un'opera buona c'erano tutte. Tartaglia si ispira e omaggia affettuosamente l'irraggiungibile principe della risata Antonio De Curtis. "La valigia sul letto" si aggrappa a giochi di parole, battute pianificate a tavolino che risultano poco spontanee, e situazioni da arte della commedia già viste nel celebre "Totò cerca casa" diretto un secolo fa da Steno e Monicelli. Achille Lo Chiummo (E.Tartaglia) è un poveraccio senza posto fisso che si arrangia come può nella Napoli degli uffici pubblici e delle mazzette. Gli eventi contrari gli fanno perdere l'unica sua risorsa di sostentamento. In meno di un giorno il povero Achille si ritrova disoccupato e senza casa. Con un abile stratagemma, al fine di godere dei benefici del piano di protezione per i pentiti di camorra, elimina dai dati anagrafici una lettera del suo cognome e si ritrova per caso l'unico parente superstite di un temuto e goffo boss della camorra: Antimo Lo Ciummo (B.Izzo), detto "l'Antimo fuggente". Il povero protagonista viene rassicurato dall'intervento di un serioso commissario di polizia pasticcione (M.Casagrande), ma non basta. La moglie Brigida (V.Mazza) che fra una sfuriata e l'altra lo segue come un'ombra accetta di buon grado l'imbarazzante sistemazione. Dall'alloggio provvisorio in un cantiere della metropolitana i coniugi Lo Chiummo passano ad una più dignitosa ma farsesca collocazione cimiteriale. Fra lumini, loculi e fiori secchi, se ne vedranno delle belle: alla comitiva si va ad aggiungere nel frattempo l'insopportabile sorella di Achille che però cade nelle grazie del famelico bandito in astinenza passionale. Inoltre sulle tracce del boss, che si è ben integrato con l'allegra e strana famiglia, si è messa una prorompente cacciatrice di taglie (A.Seredova) assoldata dai clan rivali che mira a far fuoco. Finale lieto, ma confuso.
Il buon Tartaglia viaggia a corrente alternata e cerca di pararsi la schiena avvalendosi della consulenza di Elvio Porta, sceneggiatore navigato e di tradizione (per anni musa ispiratrice della Napoli raccontata da Nanni Loy), che cerca come può di coprire le falle. Il vero problema è che due ore di teatrino "instabile" richiedono fatica e pazienza da parte dello spettatore: requisiti quasi sempre non negoziabili. Nonostante la lungimiranza della casa madre che, volendo fare le cose perbenino, ha comunque assicurato la distribuzione dell'innocente filmetto su tutto il territorio nazionale, anche stavolta il prodotto centrerà matematicamente il bersaglio nel solo feudo campano. Gli attori, esperti nel calcolo preciso delle alchimie da palcoscenico, sulla carta hanno ineccepibili credenziali: dai "salemmiani" Casagrande e Izzo, passando per la gradevole Veronica Mazza, fino alla lodevole maschera di Ernesto Mahieux che si diverte come può nei panni di un macellaio fetente. Ma una dilatazione temporale insopportabile e l'accumulo (anche stavolta) di vaiassate poco divertenti mettono a nudo da parte dell'autore una mancanza di esperienza col mezzo cinematografico che non riescono a scongiurare un pesante senso di noia.
UCI Cinemas, Molfetta - 15 Marzo 2010 |