“Michael Moore è un grande, ma occhio a come lavora”. Chi usò questa espressione per congratularsi con questo stravagante cineasta tuttofare approdato alla palma d’Oro a Cannes e all’Oscar nel giro di un biennio, suonò inavvertitamente un campanello d’allarme. Perché se è vero che il film-inchiesta nudo e crudo, realizzato senza peli sulla lingua, nella libertà assoluta che solo il cinema indipendente può dare (anche se Moore più di una volta si è fatto sostenere dalle majors), riesce a scomodare le coscienze è anche vero che per farlo urge la massima coerenza da parte di chi lo firma.
Più di una volta i suoi detrattori lo hanno accusato di non essere stato sempre fedele alla realtà, per raggiungere meglio i suoi obiettivi scandalistici; Moore è in definitiva una sorta di “iena” a tutto tondo che pur di dimostrare una sua tesi personale non esita a servirsi di trucchi in sala di montaggio. Il che è quanto di peggio si possa immaginare per un cronista privo di appartenenza ideologica, che insegue lo scoop e regola gli introiti con lo stupore delle masse.
Come ad esempio aver fatto credere agli spettatori di non essere riuscito ad intervistare nel 1989 Roger Smith, amministratore della General Motors (cui era dedicato il feroce “Roger & Me”, tutto dedicato alla chiusura di stabilimenti GM in una cittadina del Michigan), quando costui invece si era più volte reso disponibile per un’intervista privata. Una volta che il film era in post-produzione, tutto improntato sull’inseguimento di un burocrate irraggiungibile, la disponibilità di Smith avrebbe scombussolato il senso dell’intera operazione.
E poi sono seguiti il terribile “Bowling for Columbine” (2002) sull’ossessione degli americani per le armi da fuoco e il sopravvalutato “Fahrenheit 9/11” (2004) sui legami d’affari fra la famiglia Bush e la guerra in Iraq.
Opere straordinarie, per carità, ottenute faticosamente da questo corpulento e geniale cronista sempre in prima linea con molti nemici e molto onore. “Sicko” è invece un film-inchiesta sull’attuale raccapricciante sistema sanitario degli Stati Uniti. Raccogliendo sul suo sito una montagna di testimonianze di poveri cittadini americani che hanno avuto la disgrazia di confrontarsi con la (mala)sanità del loro paese, Michael Moore ci racconta episodi terribili e “medievali”. Storie assurde di poveracci costretti a pagare profumatamente a suon di dollari il diritto alla vita e a scontrarsi inevitabilmente con i colossi delle assicurazioni sanitarie che pensano ad intascare premi senza mai fornire adeguata assistenza. L’assurdo reportage non si distacca mica tanto da quei “mondomovie” tanto in voga negli anni ‘60 (Jacopetti e Prosperi, do you remember?) dove ci venivano mostrate le mostruosità dei paesi sottosviluppati. Servendosi dell’immancabile ironia e dell’amore per il paradosso Moore conclude il suo reportage mostrandoci le strazianti condizioni di salute dei volontari che si adoperarono per le operazioni di soccorso dopo l’11 settembre, abbandonati a se stessi e senza alcuna assistenza sanitaria. La soluzione ideale per un po’ di conforto è data da un autentico viaggio a Cuba dove i farmaci costano pochissimo, gli ospedali sono perfettamente funzionanti e l’equipe medica si preoccupa di assistere questi eroi nazionali senza intascare un dollaro; nelle vicinanze nel frattempo ai terroristi detenuti nella base di Guantanamo viene fornito un‘impeccabile assistenza medica. C’è tempo sufficiente da dedicare ai paradisiaci sistemi sanitari europei (Inghilterra e Francia) dove il paziente è un cliente di lusso cui vengono addirittura riconosciute delle indennità per le spese di trasporto (mah!). Morale della favola: per sopravvivere negli Stati Uniti basta non ammalarsi mai…
Il tocco sensazionalista di “Sicko” non guarda in faccia a nessuno; gli episodi mostrati sono agghiaccianti, maledettamente autentici e spesso il compiacimento infastidisce. Il triste carosello finale col viaggio della speranza a Cuba è costato a Moore più d’un rimorso (altrochè una denuncia per violazione d’embargo), ma è comunque materiale nutriente per un prodotto d’esportazione. Nel suo viaggio promozionale italiano Moore si è complimentato con il sistema sanitario italiano che, benchè bistrattato, non ha nulla da farsi rimproverare rispetto al protagonista della sua indagine. Sul populismo vero o presunto di Moore preferiamo non esprimerci; vorremmo tanto però che gli incassi di “Sicko” si orientino verso la nobile causa del suo autore che, a quanto ci risulta, non ha la cattiva abitudine di tirarsi indietro difronte alle altrui necessità.
Cinema Alfieri, Corato - Agosto 2007 (Barisera) |