Audace, coraggiosa, incoraggiante. L'ultima prova di Alessandro D'Alatri (formatosi come regista pubblicitario ma con una vivace versatilità messa a servizio del cinema), che torna dopo quattro anni di distanza da "Commediasexi", si oppone al frastornante basso rendimento di una commedia giovanile sempre più ad alto rischio inflazione fra banalità e provincialismi. L'audacia sta nell'aver puntato su un cast di attori esordienti, disdegnando pure il cameo con l'attore di richiamo, sulla resa del digitale e sul low budget per un un film che riesce a tradurre con semplicità contenuti significativi ed interessanti. Il risultato è una pellicola insolita, che si distacca dall'ovvio, che cerca di interpretare sentimenti e disagi di una generazione fragile spostando l'azione nel paradisiaco arcipelago pontino (isole di Ventotene e Santo Stefano). Ma non è il classico spottone da cartolina per la soddisfazione delle film commission che contribuiscono alla causa. L'isolamento del protagonista è un atteggiamento voluto dalla storia. Salvatore (Dario Castiglio), come tutti gli isolani, ha l'anima divisa in due. Alta e bassa stagione regolano i suoi sentimenti, le sue emozioni. D'estate infatti si industria come può, organizzando escursioni per turisti al bordo del suo barchino. E' il mestiere più bello del mondo: si lavora e ci si riposa sotto la canicola e, ogni tanto, ci scappa pure la conquista stagionale. Si, ma poi arriva l'inverno. E Ventotene piomba nel vero senso della parola in un isolamento non solo geografico che attanaglia il cuore. Salvatore allora è costretto ad emigrare sulla terraferma che spicca all'orizzonte: a Formia arrotonda con uno stipendio irrisorio facendo il manovale sui cantieri, aspettando con ansia il ritorno della bella stagione. Un brutto incidente sul lavoro lo costringe a tornare alla sua amata isola. La felicità sul volto del bravo ragazzo torna a poco a poco, ma i sentimenti, sotto il sole dell'estate che è appena cominciata, cedono d'un colpo alle scosse procurate dalla bella Martina (Martina Codecasa), turista di origine genovese, tratta in salvo dal protagonista da una brutta disavventura. La storia d'amore procederà fra alti e bassi, fra distacchi e ritorni provocati da una differenza di classe: Marina antepone la realizzazione professionale a tutte le belle fantasie, il bel Salvatore rischia d'essere il frutto d'un capriccio. Il dramma sostanziale, che sconvolgerà l'animo buono del ragazzo, è dato dalla mancanza assoluta di una certezza lavorativa. L'impossibilità di realizzare un leggitimo sogno d'amore accentuerà l'allontanamento. Fuori dall'ovvio, indubbiamente, anche la scelta mancata di un finale viziato da compromessi.
Sono poche le storie d'amore in grado di offrire allo stesso tempo credibilità ed amarezza. Alessandro D'Altri c'è riuscito. "Sul mare" è un film che, come abbiamo più volte sottolineato, si tira fuori dalla mischia e propone qualcosa di nuovo, che merita di essere segnalato. Cerca una sua collocazione rappresentativa in quel cinema sentimentale che strizza l'occhio al mercato, ma non disdegna doppi passi nel territorio minato del cinema d'impegno civile. Il cambiamento irreversibile di una società in piena crisi economica che si priva della legittima aspirazione alla felicità rivive attraverso una "love story" intermittente fra due giovani attori esordienti che spiccano per simpatia e bravura (Dario Castiglio e Martina Codecasa rendono giustizia alla categoria). Il film si ispira ad un romanzo scritto da Anna Pavignano ("In bilico sul mare"), sceneggiatrice storica di Massimo Troisi. Nella leggerezza del tocco e in alcune scelte poetiche del film sembra infatti di rivivere il disagio quotidiano, il malessere naturale e mai polemico di un grande protagonista di un cinema che, purtroppo, nessuno è più in grado di fare. D'Alatri ci si avvicina: con la complicità di scenari che tolgono il respiro, con la semplicità delle piccole cose e la misura di una favola moderna che riesce ad avvicinarsi alla realtà, facendo a meno di mistificazioni e ruffianerie. Con una resa tecnica che rende finalmente giustizia ad un cinema italiano esportabile. Nonostante descriva ancora una volta il disagio di un'Italia meridionale afflitta, la pellicola è un pò il canto d'amore e di dolore di una nazione prigioniera di un diritto al lavoro, tenuto stretto nella morsa da un bavaglio.
Cinema Adriano, Roma - 6 Aprile 2010 |