In una Firenze (Toscana Film Commission?) poco riconoscibile se non fosse per il Ponte Vecchio, uno sporadico esterno sul Lungarno e qualche altro passaggio, si svolge l'esistenza scombinata della bella Nanà (Margherita Buy), insoddisfatta cinquantenne dell'alta borghesia, che gestisce in società con una sua amica di vecchia data (Luciana Littizzetto) una libreria in centro. La protagonista del flim annacqua il suo snobismo concedendosi anomali bagni di solidarietà (in casa sua vive come un parassita un sedicente regista svedese), cercando di recuperare i cocci di una famiglia piuttosto instabile che comprende nell'ordine: un padre rassegnato, uno zio chaicchierato, una mamma ex diva dello spettacolo e una sorella minore più vivace che intraprendente prossima alle nozze. Mentre il suo computer portatile gli porta il conto dei giorni di astinenza sessuale, Nanà continua a guardare la sua realtà con distacco e sfiducia. Per ironia della sorte gli viene chiesto da sua sorella Bea (Francesca Inaudi) di occuparsi dell'organizzazione del grande evento (catering, liste nozze, location) affiancandosi al suo futuro cognato Alessandro (Fabio Volo), un enologo spocchioso e saccente che ha, come si suol dire, appeso il cappello al chiodo per praticità ed arrivismo. Sballottata fra eventi più o meno lieti, colpi di scena sensazionali e disastri sentimentali che si accumulano verso il faticoso traguardo delle nozze imminenti, Nanà dovrà rimettere ordine alla sua esistenza. Resettare anima e corpo dall'inquinamento derivato dal suo risaputo altruismo gestito male.
Al suo terzo film da regista la napoletana Nina Di Majo (classe 1975), già assistente di Mario Martone, mette da parte le velleità di un cinema d'autore più votato alla soddisfazione personale che alla condivisione con la massa, adeguandosi alla commedia brillante disimpegnata (ma con buoni spunti) che tanto piace al pubblico domenicale. Ne viene fuori un film fragile ed irrisolto, affidato interamente all'estro di validi attori: una brava e bella Margherita Buy, ormai schiava del suo ruolo, che praticamente si cuce addosso un personaggio un pò in debito con le sit-com, una Littizzetto votata alla causa della zitella passionale e sfigata con figlio a carico, un Fabio Volo imbolsito in quelli di uno yuppie arrivista e volgare che antepone il guadagno al pensiero individuale. Con i cedimenti strutturali di una fiction da prima serata, il film rischia di non decollare mai. Si lascia notare una sottotraccia un pò critica nei confronti di un jet-set radical chic, inquadrato nelle mille contraddizioni di un paese allo sfascio. Ma tutto questo carico di belle speranze resta saldamente incollato al peso della carineria. Un privilegio, ma forse anche un limite, per una commedia italiana nella quale si fa fatica a trovare uno spiraglio di luce.
Cinema Impero, Trani - 25 Aprile 2010 |