Tempi di consegna rispettati con massima precisione. La trilogia "Millenium", nuovo progetto cinematografico seriale legato ai romanzi del giallista svedese Stieg Larsson, si apre e si chiude esaurendosi nell'arco di un anno esatto. Il bilancio conclusivo di un lungo viaggio a corrente alternata è più che sufficiente e attesta che l'euforia del primo capitolo mostra irrimediabilmente i segni di un brusco ridimensionamento. Nel capitolo conclusivo, tra l'altro, si segnala un evidente cambiamento di rotta: dopo le movimentate scorribande, gli inseguimenti mozzafiato e le sparatorie alla James Bond, l'eroina creata da Larsson, si concede un meritato riposo e delega tutto ai ritmi stabili del classico dramma processuale. La puntata inizia dove era finita la precedente, ragion per cui è consigliabile una ripassatina. Lisbeth Salander (Noomi Rapace), dark girl ed hacker informatico, perseguitata da un passato traumatico giace sul letto di un ospedale dopo aver subito l'estrazione di una pallottola dalla scatola cranica. La riabilitazione procede lentamente, grazie alle cure del suo nuovo medico e ai controlli degli addetti alla sorveglianza. La ragazza infatti costituisce ancora una terribile minaccia per i viscidi e insospettabili nemici che la tormentano. Il suo scottante dossier, raccolto dal giornalista d'assalto Mikael Blomqwist (Michael Nyqvist), arriverà presto nelle aule del tribunale e sulle prime pagine della sua rivista. Molti veterani del crimine cominciano a tremare: è necessario con la massima urgenza cucire qualche bocca. Il suo padre aguzzino viene giustiziato durante la degenza, lei riesce ad evitare una fine anticipata e si prepara ad accedere alla sbarra. Il processo metterà a nudo colpevoli e responsabili della sua esistenza tormentata: tutti i nodi, anche quelli più insidiosi, arriveranno al pettine. Lisbeth dopo una lunga agonia potrà assaporare l'agognata normalità.
Tre film, ricavati rispettivamente da tre romanzi, molto diversi fra loro. "La regina dei castelli di carta" (i titoli andrebbero chiariti da un semiologo) è certamente il meno riuscito, ma allo stesso tempo il più lineare. La staticità del racconto, che racimola in pochissimi minuti l'azione confacente ad un thriller di impostazione classica, consente all'autore di forzare la psicologia dei numerosi personaggi. La pellicola diventa per l'ennesima volta lo spiacevole resoconto di servizi segreti impegnati a insabbiare scheletri e manie inconcepibili: pedofilia e violenza domestica. E' inoltre il film che più dei precedenti consente allo spettatore di apprezzare il talento della protagonista Noomi Rapace attraverso le sue spiazzanti trasformazioni esteriori ed interiori. Un thriller insolito, raffinato, tirato per le lunghe (sembra che le ragioni della durata siano contrattuali) ma di sicuro intrattenimento. La formula della serialità è, comunque, tutta da rivalutare. Si appiattisce inevitabilmente lo stile del racconto cinematografico. Non a caso, l'ultimo volume del trittico, è quello che mostra i segni di un cedimento di evidente, stiracchiata matrice televisiva.
UCI Cinemas, Molfetta - 29 Maggio 2010
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