Misticismo, mistificazione o cieca fede. La leggenda della "papessa" che usurpò per un biennio nel IX secolo il sacro soglio di Pietro ha fatto discutere illustri letterati, appassionati storiografim semiologi e registi di cinema (la vicenda fu portata sul grande schermo nel '71 da Michael Anderson, protagonista Liv Ullmann) lasciando viva la fiamma del dubbio al cospetto del buio crocevia di un clamoroso falso storico. Il celebre personaggio rientra, tra l'altro, nell'iconografia prestigiosa dei tarocchi (è la seconda carta): circostanza che aumenta le incertezze, gonfiando abbondantemente la consistenza della bufala. L'aver sdoganato a peso d'oro il "codice" di Dan Brown, incrementando le fameliche aspettative del best seller, ha tuttavia creato ad arte nuovi olezzi di zolfo e presupposti per un nuovo scandalo con epicentro ecclesiastico. Di certo gli autori sono andati a rispolverare scomodi ed approssimativi dati storici e incandescenti riferimenti occultati dai documenti ufficiali. A far da guida il romanzo scritto nel 1996 da Donna Woolfolk Cross, annacquato da oscure e pressanti esigenze di finzione che ingabbiano anche materie prime nobili nel recipiente telefilmico. Il film, frutto di una coproduzione impegnativa, ricostruisce la biografia immaginaria di Johanna da Ingenheilm, umile figlia di contadini, estromessa dalla nascita, come tutte le donne, dai piaceri della conoscenza. Desiderosa di attingere anche furtivamente alla fonte del sapere, la giovane Johanna rinuncia subito al suo destino proletario avvicinandosi, fra maltrattamenti e diffidenze, al suo legittimo diritto all'esercizio della mente. I frutti arrivano, mentre il violento padre bigotto si ostina a spazzare con violenza gli ultimi sintomi del paganesimo. La "schola" l'accoglie e la ragazza, rinunciando per sempre ai fugaci abbagli dell'estetica, approfondisce i suoi studi fino ad arrivare dopo molti anni nella rinomata abbazia di Fulda. La carriera procede: Johanna continua a nascondere la sua femminilità ed approda a Roma, dove le sue approfondite conoscenze mediche, le consentono di curare e guarire il pontefice malato di gotta. Il destino, a sorpresa, gli ha riservato il papato per acclamazione. Evento storico di singolare portata che la costringerà a schierarsi contro le cospirazioni tramate dai nemici del suo predecessore. Poi l'inevitabile tragedia: la sua femminilità che si svela durante un corteo papale a causa delle complicazioni di una gravidanza, anticamera di un epilogo sanguinoso.
"La papessa" mette a riparo l'apparente autenticità della storia vera, corrompendola con le frettolose esigenze di un racconto che, in mancanza di un lieto fine certo, ne pesca uno di comodo. Gli storici attestano che la papessa Giovanna morì lapidata per mano degli stessi fedeli che, ignari dell'inganno, contribuirono all'acclamazione. Il lavoro pesca di rado le emozioni e procede seguendo un iter freddo ed algido come la protagonista (Johanna Wokalek) che ne ricalca con scarsa voglia la passione. Ai minimi termini l'apparato tecnico: medioevo di routine, forse appesantito dall'inflazione dei molti film dedicati all'argomento. Il film sopporta il peso di un'approssimazione, figlia di uno standard da sceneggiato televisivo, che, tutto sommato, non tradisce il carico di buona volontà.
Cinemars, Andria - 5 Giugno 2010 (Barisera)
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