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21.04.2012

13° FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE - I PREMI E LE MOTIVAZIONI

Si è conclusa a Lecce la tredicesima edizione, quest'anno particolarmente ricca e significativa, del festival del cinema europeo. Fra gli ospiti internazionali: Terry Gilliam (che ha presentato il corto "Wholly family") e Emir Kusturica (testimone di un bellissimo libro fotografico sul suo cinema, celebrato con una retrospettiva) hanno registrato una calorosa accoglienza di stampa e pubblico. Quest'anno il programma del festival prevedeva anche tributi a Ken Russell e Sergio Castellitto, al quale è stato dedicato il libro curato da Enrico Magrelli "Sergio Castellitto, senza arte ne parte" (ediz.Rubettino).

31.07.2011 - 18.08.2011

Sinfonie di Cinema 2011 – LA COMMEDIA NEL CINEMA ITALIANO

Anche quest’anno torna a Montefiore dell’Aso (AP) la magica atmosfera del festival “Sinfonie di cinema”.

ROCKY BALBOA

Regia: Sylvester Stallone

Interpreti: Sylvester Stallone, Burt Young, Geraldine Hughes

Durata: 98'

Nazionalità: USA 2006

Genere: drammatico

Stagione: 2006-2007

Risuona l’inconfondibile fanfara e partono i primi brividi; si avverte il peso di una grande responsabilità perché alcuni eroi, soprattutto quelli che sono riusciti a glorificare la loro inattività con vitalizi milionari, dovrebbero essere dispensati ad honorem da qualsivoglia giudizio critico. Del resto a conti fatti, come si potrebbe parlare male di Rocky Balboa… Con quale coraggio la tastiera tremula riuscirebbe a maturare opinioni spiacevoli su un mito che ha cullato almeno tre generazioni, rafforzando sempre più la credibilità del sogno americano? L’ascesa agli onori del pugilato del povero emigrante di origine italiana coincide stavolta, ma guarda un po’, con la mucciniana conquista dell’America. Sarà una casualità ma a contendersi il pubblico in sala di questa settimana da una parte troviamo il mito del ring e dall’altra il nostro regista romano che si è cimentato su un set hollywoodiano da favola. Staremo a vedere chi dei due avrà una buona sorte.
Nel nostro caso “Rocky Balboa” non sfugge ad un’ingombrante commemorazione nostalgica. Sono trascorsi trent’anni dal primo Film Oscar “Rocky” di John G. Avildsen ma il protagonista sembra non essersene accorto. E con il borsalino sulle ventitrè insegue ancora una volta, ma con mano più leggera e con un tocco che oseremmo definire delicato, il bilancio di un personale trionfo. Il tempo ha stravolto molte cose e il suo vecchio quartiere appare irriconoscibile. Rocky ha perduto tragicamente la sua amata moglie Adriana e per sopraggiunti limiti di età ha smesso di combattere. Tra l’altro e’ tartassato dal burbero cognato Paulie (Burt Young) e gestisce con discreta soddisfazione un ristorantino a Philadelphia intrattenendo i suoi clienti con i racconti della sua lunga e fortunata carriera. Purtroppo ha un figlio tormentato dall’ingombrante ombra paterna che non riesce a farsi strada da solo. Essere l’erede di un campione mondiale ha un certo peso e rischia di offuscare la propria identità, quindi è un problemino non proprio da ridere con cui Balboa junior deve fare i conti. Così come le provocazioni dei mass-media che solleticano il pruriginoso mercato dell’immagine simulando in un teatrino tecnologico un virtuale combattimento fra Rocky e il giovane campione dei pesi massimi Dixon (A.Tarver). La sfida nata per scherzo si concretizza ben presto in una fame di riscatto attraverso un nuovo match. Rocky decide così di rimettersi in gioco e di salire stavolta su un vero ring per combattere contro il suo giovane sfidante. Ricominciano i mitici allenamenti rudimentali che hanno fatto la fortuna della serie (ma sono intermezzi brevi e stranamente fulminei), i soliti preparativi di routine e l’immancabile conferenza stampa-show . Il traguardo è il Mandalay Bay Resort di Las Vegas dove avrà luogo il combattimento del secolo fra la leggenda vivente della boxe e il giovane campione imbattuto..
Per la prima volta nella lunga storia di questi incontri aleggia nell’aria uno spirito decoubertiano che alla fine accontenta democraticamente tutti. Rocky chiude definitivamente i conti con il suo personaggio e si appresta in futuro a fare la stessa cosa rispolverando sullo scaffale più in alto il cuginetto a spasso John Rambo. Che la forza (o gli sforzi) sia con lui!
La numerazione cronologica è omessa per pudore ma il sesto Rocky è venuto fuori per allestire una grande uscita di scena, un pensionamento con fiocchi, lustrini e luci della ribalta. A riprova di questo i limiti del precedente “Rocky V”, girato in fretta e con scarso successo nel 1990, non avevano reso giustizia al commiato di un eroe che, seppure imbolsito, aveva ancora molti discorsi in sospeso. Fra tutti i film della serie questo è indubbiamente il più malinconico ed il più sofferto, per una lunga serie di motivi. Innanzitutto la difficoltà evidente di poter risultare credibili con tempi cinematografici ormai inadeguati alle attuali esigenze di pubblico. Se Rambo è stata l’arma vincente della propaganda reaganiana, Rocky ha dato l’opportunità a tutti i figli di America di poter coltivare sogni di gloria. In entrambi i casi, non ci scappa, ci si ritrova sempre in debito. E bisogna mostrarsi comunque ossequiosi.
Eppure mette una profonda tristezza ritrovare il nostro attore-mito Sylvester Stallone in lacrime come John Wayne davanti alla tomba della moglie Adriana (l’attrice Talia Shire che rivive in immagini di repertorio), vederlo alle prese con insignificanti abitudini di vita quotidiana, salire in corsa la mitica scalinata di Philadelphia col cagnolino in braccio e alzare un pugno al cielo. E’ il revival del più grande spettacolo del mondo vissuto venti o trent’anni fa in sale scomode e fumose su seggiole di legno senza il confort alternativo del multiplex. Le generazioni attuali potranno accomodarsi in compagnia di un eroe dei nostri tempi e riscoprirlo ma i veri fan di mister Balboa non gradiranno molto gli inutili sforzi del make-up che il tempo passato non riescono proprio a nasconderlo. Il pensionamento del mito appare necessario ed opportuno. Meglio ricordarlo così come ai bei tempi che rimpiangerne la triste trasformazione. Nonostante i colpi d’ala e l’entusiasmo di questo grande ritorno in occasione del trentennale la storia è modellata alla lettera secondo i dettami classici dei capitoli precedenti e non aggiunge nulla di nuovo. Permane dappertutto l’insipido retrogusto da scongelamento tipico di un prodotto precotto, logorato dalla meccanica da sequel. L’autore eppure dimostra tanta buona volontà da fare tenerezza ma è sovrastato dall'usura del costume di scena. Avevano avuto ragione i terribili fratelli Zucker che in una loro parodia profetizzarono l'arrivo di Stallone decrepito a Rocky n.28. L’oracolo non si è del tutto avverato, ma un po’ ci si sono avvicinati visto che i guantoni sono stati indossati più del dovuto, manifestando puntualmente il loro naturale logorio.

Cinema Alfieri, Corato - Gennaio 2007 (Barisera)

Voto:     3 / 5
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