C'è il "canto delle lavandaie del Vomero", vecchio di otto secoli, riproposto suggestivamente in chiave poetica con una coreografia su una ripida scalinata della città sotterranea, grazie alle provvidenziali intuizioni di un direttore della fotografia che si chiama Marco Pontecorvo. C'è un irroconoscibile Enzo Avitabile che rievoca il rito propiziatorio dedicato a "Faccia gialla" (che è San Gennaro, chiamato così per la scolorita statua bronzea); James Senese, figlio della guerra, che imbraccia il sax per una struggente melodia ricordando la sua infanzia non facile trascorsa 'ncopp 'e quartieri. Massimo Ranieri e Lina Sastri: issa ed esso (che forse è pure malamente) che sceneggiano appassionatamente "Malafemmena" di Totò in un interessante arrangiamento etnico. Per i vicoli di Napoli si improvvisano canti, tammurriate e balletti popolari. La vitalità esplode sotto un sole che non manca mai e che bacia quasi sempre sulla fronte. Peppe Barra sbraita come un ossesso per la "Tammurriata nera", scritta nel '44 da Mario e Nicolardi, facendo rivivere sulla pelle gli strazianti momenti della Liberazione, non molto vicini alle ferite lancinanti e ai postumi della dominazione. Alcuni vecchi saggi, custodi della sapienza musicale, discutono amabilmente su Caruso e De Lucia, inarrivabili testimoni del talento istrionico che non ha trovato più degni eredi. Il tempo si ferma fra i frastuoni e i colori di una poesia indicibile: in una città eterna che ha saputo resistere a influenze e dominazioni mantenendo integra una sua particolare dignità.
"Passione" di John Turturro è una romantica appendice che va ad aggiungersi ai molteplici lavori di montaggio in forma musicale dedicati al mondo partenopeo e alle tradizioni difese con i denti. Ragion per cui lo spettatore attento ed interessato all'argomento dovrebbe per forze di cose completare la sua documentazione rivalutando due bellissimi lavori analoghi sia per la forma per il contenuto. In "Appassionate" di Tonino De Bernardi (1999) e soprattutto in "Cuore napoletano" di Paolo Santoni (2002) la Napoli che non c'è più veniva appunto rivissuta attraverso canzoni, sceneggiate e "spiegate" nella genesi e nella filologia. Non ce ne vogliano gli autori se inavvertitamente la frequentazione assidua delle sale ci porta ad avere una deformazione e un culto del "già visto". Rispetto alle operazioni precedenti è apprezzabile nel lavoro di Turturro un'apertura verso un cinema di massa (non si spiegherebbe altrimenti la partecipazione speciale di Fiorello che napoletano non è) che rimodella il format in chiave più turistica. Forse più esportabile e in linea con i bisogni dei neofiti, "Passione" come tutte le opera travolte dall'ingenuità e dall'eccesso segue un iter didascalico, abbastanza convenzionale, senza particolari slanci emozionali che non siano quelli garantiti di riflesso dai brani riarrangiati da illustri talenti musicali. Traspare in Turturro, forse il più italiano dei registi italoamericani, un'entusiasmo e un'innocenza che lo portano a seguire sentieri già tracciati da predecessori esperti. Anche se, in tutta franchezza, l'epilogo con immagini di repertorio (gli scugnizzi che guardano in macchina e fanno le smorfie) di "Napul'è" di Pino Daniele, tocca altissime corde emozionali, determinando l'accettabilità dell'insieme.
Cinema ABC, Bari - 27 Ottobre 2010
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