Sensibilizzato, con la solidarietà di Belèn, dalla triste questione dei tagli alla cultura e della crisi, il simpatico ed intraprendente Checco da Capurso interviene come un supereroe in soccorso del cinema italiano, offrendo il suo contributo alla nobile causa della commedia di qualità con il suo atteso secondo film, da oggi in programmazione su tutto il territorio nazionale. La caduta dalle “nubi” non poteva che essere di buon auspicio per una bella giornata di sole, banco di prova immediato ed insidioso per chi si è fatto le ossa all'interno della piccola scatola magica ed è esposto di conseguenza ai rischi di tempi comici che al cinema non hanno una regola fissa. Ancora una volta Checco Zalone dimostra agevolmente di essere all'altezza di una commedia popolare che accontenta tutti: un po' perchè tiene alto il morale degli spettatori e anche quello degli esercenti se è vero, lo constatiamo con meraviglia, che solo la differenza d'un centinaio di copie separano il suo film dal robusto criterio di distribuzione adottato lo scorso anno per “Avatar”. La Medusa ha dovuto intensificare il quantitativo di “pizze” per assecondare la grande richiesta delle numerose sale cinematografiche superando quota 800 (incredibile: erano anni che gli esercenti non bussavano con forza al portone del noleggio!). Ma il cinema grazioso e schietto della creatura disinvolta tirata fuori dal cilindro di Gennaro Nunziante (che anche stavolta si conferma fedele autore della partitura, nonché accorto direttore d'orchestra), va ben oltre. Promuove il territorio (istantanee dalla bella e solare terra di Puglia), concedendosi il lusso di affrontare con leggerezza temi non proprio facili e consueti (terrorismo internazionale, integrazione ed integralismo), dimostrando ancora una volta una surreale circostanza: e cioè che nel nostro paese spetta ai comici affrontare le questioni serie. Ed ecco che, liberatosi dei panni dell'esilarante cantante neomelodico del primo film, Checco si ritrovi ancora una volta su al Nord, come un pesce fuor d'acqua, prima come buttafuori d'una discoteca e poi promosso addetto alla sorveglianza d'un obiettivo sensibile: il duomo di Milano. Di famiglia influente (zii, parenti e cognati tutti regolarmente piazzati sulle poltrone della burocrazia), il maldestro Checco sogna una carriera fortunata e rapida come capo della sicurezza ma continua, suo malgrado, ad inanellare un disastro dopo l'altro (tipo cacciare i fedeli tibetani per il loro abbigliamento poco consono). Quando il destino gli mette sulla stessa strada Farah, ragazza magrebina (Abiha Nakkari), che ha il compito di recapitare una valigetta esplosiva sul tetto del Duomo, il candido Checco ovviamente non si accorge d'essere diventato un'esca ideale. Acciecato dall'amore, dalla passione e motivato dalla sua esperienza in “cose di uomini” cercherà di conquistare la bella ragazza orientale coinvolgendola in un'esilarante ritorno in Puglia: incluso un surreale, interminabile battesimo per il quale il centro storico di Alberobello si ritrova blindato come se ci fosse un G-8. La forza dell'amore renderà possibile solo una battaglia: non i nome degli ideali, ma del proprio cuore. Lieto fine non affato scontato e nemmeno prevedibile: il grande Checco continuerà ad esportare il modus vivendi della pugliesità anche dalle parti di piazza San Pietro. Secondo film migliore del precedente, riconosciamolo in tutta onestà. D'altra parte la situazione comica attuale impone scelte radicali. Checco Zalone è quanto di meglio, al momento, il nostro cinema italiano disimpegnato è in grado di offrire. La rinuncia alla volgarità e l'attenzione alla scrittura dimostrano la saggia scelta di non cambiare la squadra vincente. Si ride (e molto) non solo per il campionario piuttosto fornito di strafalcioni lessicali e comportamentali. Il Checco pensiero conferma una forza indomabile. Che abbatte le barriere, mette a nudo le ipocrisie e che, con disincanto e all'insegna del politicamente scorretto, dimostra che l'Italia è quella che ci ritroviamo (pensionati che rubano dagli scaffali e picchiano vigilantes, ad esempio, o l'aggiornamento del proprio stato civile su facebook). Servito e riverito da volponi del grande schermo come Tullio Solenghi (il cardinale veneto), Rocco Papaleo (il padre che serve l'esercito per pagare il mutuo), Ivano Marescotti (l'ufficiale dei carabinieri), Checco azzecca un ternosecco, dimostrando che la risata è possibile senza scorciatoie ordinarie, alle quali siamo abituati (male) soprattutto alla fine dell'anno. Stavolta è baciato dalla grazia di Abiha Nakkari, un'attrice esordiente che gli tiene testa, esplorando con lui le pazzesche regole che imperversano nel Tavoliere e che rende più goffo il gusto per l'assurdo. Pacca sulla spalla di Gennaro Nunziante, abile nel bissare (non è facile), l'inatteso precedente. La formula comunque impone necessari ripensamenti futuri per non svalutare la magia del personaggio. Per non rischiare il logorio dei panni come accaduto per Fantozzi, che resta comunque una moderna maschera comica sempre valida, Checco dovrà rimboccarsi le maniche e non adagiarsi sul divano del successo in compagnia dell'incasso sicuro, che è un pò il canto delle sirene. Ha alle spalle validissimi autori, può ripetere tranquillamente l'exploit di illustri comici nelle stagioni trascorse (Benigni, Nuti). Nel frattempo coccoliamocelo come patrimonio regionale, con la stessa fierezza con la quale i fiorentini sbaciucchiavano il Pieraccioni dei tempi migliori. Prima o poi gli toccherà sfilarsi la maschera ammiccante del buon tamarro, riappropriandosi della sua vera identità. Luca Medici, attore comico, ma non solo, forse in un film completamente diverso, senza l'obbligo di timbrare con puntualità il cartellino della risata.
Multisala Galleria, Bari - 5 Gennaio 2011 (Barisera) |