"Ho visto con i miei occhi il posto dove andremo tutti". C'è poco da stare allegri: nell'ultimo film di "zio Clint" si fanno ipotesi su una possibile vita ultraterrena, su quello che più o meno ci aspetta una volta staccata la spina. Ed è un'impresa ardua che deve necessariamente scendere a patti con la robustezza del racconto, l'intensità della trama. Sebbene il varco della frontiera fra i due mondi si realizza in una "luccicanza" che rimanda ad un ineguagliato capolavoro di Kubrick, il soprannaturale non è filtrato da fantasmi e nemmeno da espedienti per il sobbalzo programmato. Clint Eastwood si avvicina all'argomento in punta di piedi, con la saggezza e la misura che hanno sempre caratterizzato l'altra faccia del suo cinema, quello con le pistole a riposo. Superata abbondantemente la quota dei trenta film dietro la macchina da presa, si conferma ancora una volta uno degli autori più delicati, ispirati e coraggiosi dell'attuale panorama cinematografico americano. In "Hereafter" (alla lettera: l'aldilà) si rivelano vistosamente essenziali due valori aggiunti: un impianto narrativo parallelo, per intenderci, alla Guillermo Arriaga, concepito con tre vicende autonome che si intersecano fatalmente nell'epilogo (e il merito va attribuito alle intuizioni felici del montaggio) ed uno script avvincente curato dall'instancabile e prolifico Peter Morgan ("The queen", "Frost/Nixon"). Tre vite parallele, quindi, ed altrettante disgrazie sparse da un capo all'altro del pianeta. Marie Lelay (Cecile De France), reporter francese, si salva miracolosamente da uno tsunami, disastro naturale di proporzioni apocalittiche, restando in bilico fra la vita e la morte e, prima di ricevere soccorso, ha strane visioni. Scossa da questa tragica esperienza cambia completamente atteggiamento: mette da parte la conquista di ambiti traguardi professionali per approfondire quello che ha vissuto per pochi istanti. A San Francisco Lonegan (Matt Damon) fa l'operaio, si accontenta di un salario garantito, e non mette a frutto una sua dote naturale che è per lui una condanna: entrare in contatto con i cari estinti, semplicemente toccando i suoi interlocutori. A Londra il piccolo Marcus perde in un fatale incidente stradale il suo fratellino gemello e resta inesorabilmente solo, sballottato dagli affidamenti familiari a cui lo sottopongono due assistenti sociali. Queste tre esistenze restano sconvolte dal contatto con un mondo impalpabile, ma presente. A poco a poco cercheranno di incrociarsi e troveranno in maniera differente una risposta plausibile destinata a placare i rispettivi tormenti interiori.
Nel mercato cinematografico della prima settimana del nuovo anno si passa da un eccesso all'altro: e sull'indice di gradimento si gioca, inevitabilmente, sul rosso e sul nero. Per lo spettatore che ha voglia di pensare, riflettere e cedere a dispiaceri formativi, questa è la strada giusta. "Hereafter" spalanca una porta sul buio, mette a nudo desideri e angosce, curiosità e ricerca di risposte che possono accendere la fiamma della speranza. Molto più vicino ad un cinema intimista e malinconico (l'episodio dei fratelli gemelli è un misto di tragedia e tenerezza), che si ritrova illuminato da dirette relazioni con Charles Dickens, tocca vette altissime pur rinunciando all'enfasi della lacrima forzata e a tesi a sfondo religioso. Permeato da un laicismo e da un'onestà di fondo, il film si apre come un la spettacolarizzazione di un disastro di proporzioni bibliche. I passaggi successivi chiariscono i tormenti interiori di personaggi apparentemente lontanissimi, uniti però dalla consapevolezza di un altro mondo possibile legato alla fine dell'esitenza. Il vecchio Clint, classe 1930, conclude con disincanto, convinzione ed un pizzico di sano cinismo che "la morte è solo un punto di partenza". Il film è servito dalla solita finezza, dalla straordinaria fotografia di Tom Stern, dai temi indovinati e mai invasivi curati dallo stesso regista. Matt Damon conferma l'innata predisposizione ad attirare le accorte valutazioni dell'Academy e si assicura presumibilmente un posto in prima fila per l'ennesima candidatura. Tragedia e sofferenza trovano conforto nella riposta speranza tecnicamente mai dimostrabile, in quella scheggia impazzita di scienza che si sottrae alla lanterna della fede, senza mai voltare le spalle al bellissimo gioco di Dio nel quale comunque tutti dobbiamo essere certi di far parte.
Cinema Politeama Italia, Bisceglie - 8 Gennaio 2011 (Barisera) |