Ritroviamo il simpatico Gianni (Gianni Di Gregorio) dopo aver sparecchiato la tavola imbandita per il pranzo di ferragosto, mentre continua rassegnato a mandar giù bianchini, ad affacciarsi alla finestra per ammirare e annusare colori e profumi della sua riconoscibilissima città, vessato un pò da tutti. Proprio il sesso definito gentile continua a perseguitarlo, mentre agli occhi di donne belle e impossibili, ora che ha superato la soglia dei 60, il poveretto prova l'imbarazzo di un fantasma. Raggomitolato nella sua atavica pigrizia, Gianni si trascina con indolenza fra i soldi della sua pensione che non basta mai e le insopportabili pressioni di una famiglia che proprio non vuole ascoltarlo, mentre una vicina di casa un pò ruffiana se lo coccola e se lo sbaciucchia nel vano scala, nel triste tentativo di ingraziarsi piccoli favori. Moglie pedante, figlia irrequieta e madre spendacciona quasi centenaria continuano a trattarlo come un ragazzino, vanificando anche l'oneroso stipendio della giovanissima e piacente badante, che va monitorata come minaccia potenziale ai gioielli di famiglia. Quando Gianni comincia a fare un punto della situazione sul suo status di uomo ed amante, motivato dallo sdegno e dall'invidia per l'arzillo vecchietto del quartiere che ruba ore d'amore con la bella e sanguigna tabaccaia, i passi scricchiolano e gli anni svelano il peso. La prodigiosa pillola blu, tra l'altro, non fa miracoli e per un indesiderato effetto collaterale lo spedisce addirittura nel reparto ortopedia. Meglio ripartire dalle conquiste fattibili: l'amica d'infanzia che col passare degli anni non ha perso la bellezza ma si è rifatta una vita e scansa accuratamente l'approccio, due belle clienti del suo esperto amico avvocato (Alfonso Santagata), che pare aver fatto un corso d'aggiornamento sui piaceri della terza età, l'illusione di un amore a pagamento per testare l'intensità della fiamma del desiderio. Ma in che mondo viviamo? Addirittura le ragazzine fingono di non vederlo o se lo immaginano, cosa del tutto naturale, come un tranquillo nonnetto. Caspita, sembra un paese normale. La fantasia cederà il passo alla malinconia: Gianni non è più, come sembra, un ragazzino e dovrà presto farsene una ragione. E' logico, del resto, che il nostro continui ad essere come è sempre stato "un bellissimo paese per vecchi".
Gianni Di Gregorio, regista per amore, attore per caso, torna a due anni di distanza dall'inatteso successo di "Pranzo di ferragosto", a raccontare la vitalità di un mondo reale, perfettamente circoscritto nei luminosi palazzi borghesi e nelle belle ville fuori città. Servendosi del suo solito tocco garbato e piacevole, torna a mostrare un cinema caratterizzato da un'ingenuità che è parente stretta dell'improvvisazione, ricamando personaggi e situazioni quotidiane che sfuggono ai canoni abituali. Lo assecondano amici simpatici e divertenti (il morettiano Alfonso Santagata) che sembrano seguire un copione istintivo, dettato più dal cuore che dalle buffe ed improbabili circostanze in cui il protagonista si caccia. Mentre la trama (che anche stavolta non c'è) si limita semplicemente ad ordinare una serie di vignette carine, la sua osservazione mette in evidenza luci e ombre naturali della capitale, dove ogni angolo, anche il più remoto, ha lunghe storie da raccontare. A bordo della sua auto revisionata il vecchio Gianni insegue l'illusione di una ritrovata identità sessuale, attuando una singolare esplorazione in un pianeta donna che gli è ostile o, più semplicemente, non è al passo con la sua goffa umanità. Il film mostra tutte le classiche e inevitabili forzature dell'opera seconda (tappa obbligata, non più naturale) e a volte sembra riscaldare a fuoco lento gli avanzi dell'altro film, mantenendo però inalterato il fascino del racconto, la cura di ambienti e personaggi (menzione speciale alla grande Valeria De Franciscis che continua ad assediarlo). D'altra parte però si registra una maggiore attenzione rivolta alla struttura e alla compatezza della sceneggiatura. Certo quello di Di Gregorio resta un cinema minimalista, completamente fuori dai criteri d'omologazione, probabilmente l'ultimo anelito di una minoranza italica che vuol raccontarsi in modo diverso. Risente a volte la leggerezza della "carineria" ed è ovviamente limitato alla vita di quartiere, al microcosmo di giardinetti e panchine che non vanno i confini "territoriali" sotto il cielo di Roma. I suoi fans gradiranno anche stavolta, ma con un sorriso a denti stretti tutt'altro che appagato. Del resto quante possibilità concrete ci sono che questo non più giovanissimo regista di "lungo sorso", che sembra un Walter Matthau trasteverino, abbia davvero voglia di crescere?
Uci Cinemas, Molfetta - 12 Febbraio 2011 (Barisera) |