Un semplicissimo montaggio alternato sottolinea con divertito compiacimento le lampanti differenze fra Luca (Stefano Accorsi) e Mario (Piefrancesco Favino), entrambi medici, ma di fatto schierati su fronti diversi. Uno a bordo del Suv metalizzato parcheggiato in centro, l'altro alle prese con una motocicletta malridotta che scoppietta nel fango. Il primo è infatti da tempo catapultato nella dura realtà delle missioni umanitarie in Kenya, con medicinali che scarseggiano, l'acqua che non è mai potabile, il generatore che salta lasciando al buio la sala operatoria, tanto per citare solo alcuni degli inconvenienti occasionali. Il secondo invece si crogiola beatamente in una vita facile, fra le soddisfazioni della clinica privata romana, le pacche sulla spalla di un primario piuttosto ambiguo, il filippino in casa da tiranneggiare. Sposato felicemente con la bella Ginevra (Vittoria Puccini), Mario decide di staccare la spina e raggiungere in Africa l'ospedale da campo per sostenere il progetto del suo amico filantropo. In fuga non si sa da cosa (lo scopriremo dopo), cerca fra mille difficoltà, di superare le difficili prove, poi si arrende e vorrebbe tornarsene al suo bel traffico, ai pasti caldi, alle partite in tv. Ma sua moglie lo raggiunge in quella terra bellissima ed ostile dove speranza e fede sono l'unica luce possibile. Ed è qui che scopriamo che il passato della bella Ginevra nasconde più di qualcosa in comune fra i due uomini. Il passato riaffiora attraverso ricordi sbiaditi: amori e tradimenti si rinnovano, fino ad un inatteso e contorto epilogo con il destino che separerà per l'ennesima volta le rispettive esistenze.
Regista affidabile ma non sempre convinto e convincente, Lucio Pellegrini torna a pochi mesi di distanza da "Figli delle stelle" per rinverdire i fasti della commedia italiana classica: quella dove il dolce e l'amaro si sfiorano, dispensando sorrisi e riflessioni. Più volte, va riconosciuto, si sprecano in queste operazioni esagerati riferimenti ed inutili citazioni. E' come se si abbatesse sulle nuove leve l'esigenza di dover raccogliere per forza un'eredità e reinvestire un patrimonio, facendo a meno di risorse personali. Addirittura per "La vita facile" qualcuno ha tirato fuori specchiere con le ombre di Risi e Scola sullo sfondo. E' alquanto evidente, invece, un limite generazionale del tutto naturale che ha modificato tempi e situazioni, accentuando l'estraneità di questa fetta del nostro cinema, che stenta ad avere mercato. Perchè si fa davvero fatica a scorgere in Favino e Accorsi, l'ispirata intonazione di Sordi e Manfredi, dal momento che c'è un pubblico che ignora i modelli originali. Commedia avventurosa piacevole e scontata, la pellicola è divisa in due: ad una prima parte ispirata e brillante ne segue un'altra dove la sceneggiatura si ritrova fatta a pezzi dal discutibile bisogno di dare uno scossone alla trama, che di fatto prende una brutta piega. Le relazioni pericolose di "lei, lui e l'altro" masticano un dramma della gelosia senza il mordente e la grinta dei favolosi anni '60, con effetti risibili. Gli attori fanno quel che possono: alcuni esagerando con l'abuso di forzature (Favino), altri con risultati migliori dovuti alla felice consapevolezza della propria misura (Accorsi e Puccini). L'Africa delle missioni umanitarie non è quella di Marco Ferreri. Non sono solo i bianchi ad essere buoni. La mancanza di novità sostanzialmente rilevanti è colmata dalla freschezza di una giovane attrice che può e deve insistere: Camilla Filippi. Infermierina veneta intraprendente e coraggiosa che porta in grembo la speranza. Sembra un'escamotage da fiction. Per fortuna non lo è: un sottile strato di cinismo ci ricorda che non saremo mai interrotti dalla pubblicità.
Cinema Impero, 5 Marzo 2011 |