Dopo la tv c'è il cinema, dopo il cinema c'è la radio, dopo la radio c'è la morte. La selezione naturale regolata dalla crudele svendita di talenti impone i ruoli, accellera i palpiti e può far inceppare il funzionamento regolare dei pacemaker dei poveracci che con lo spettacolo purtroppo "ce campano": tristi corridoi illuminati al neon, uffici angusti e porte da bussare con il funzionario idiota che ti aspetta una volta varcata la soglia e non ti sta nemmeno ad ascoltare. Sembra un desolante scenario futuro, è invece il ghiotto resoconto su un presente che ci sorbiamo da anni, con gli incroci pericolosi fra televisione e cinema che hanno di fatto esautorato la creatività di un paese che, artisticamente, ha sempre esportato cultura per vocazione. La prima flagellata dalla piaga delle fiction a buon mercato, la seconda corrotta dai guadagni facili dei cinepanettoni e di attrici cagne che sfogliano le classifiche dei politici in sella, al posto dei rotocalchi durante le sedute al trucco. Nelle multisale "Natale al polo Nord" occupa sei schermi, dell'ultimo film di Ozon non v'è traccia: il pubblico ride sguaiatamente, trangugia pop-corn e sorseggia bibite gassate. "Boris - il film" parte quindi con gli spunti zompettanti della parodia e della denuncia in chiave di commedia. Sappiamo tutti che quel lenzuolo che svela lo stato dello showbusiness mette a nudo soltanto una parte di una realtà molto più raccapricciante. Renè Ferretti (Francesco Pannofino) è un regista frustrato. Per anni si è dovuto alimentare mettendosi al servizio delle soap per le tv commerciali, sputato fuori da un centro sperimentale in un'epoca che ha votato le spalle alla sperimentazione. Sogna, come tanti, di salvare la faccia e un briciolo di dignità. Diritto sacrosanto che, puntualmente, il produttore di turno gli nega facendogli il solito discorsetto, bruciandogli le ali. E allora Renè sfugge all'amoralità e si illude aspettando un'altra chance. Che puntualmente arriva grazie ad un suo amico di vecchia data che ha opzionato i diritti di un bestseller di denuncia. L'operazione parte, un pò frenata dai rischi e dalla mancanza di fondi, ma per Renè tanto basta per ricominciare a girare. Stavolta al cinema, senza compromessi, e nella libertà assoluta: con tecnici di altissimo livello. Ma è un'altra assurda illusione: le insidie tornano inevitabilmente, peggio che "alla televisione". Attori cani, problemi sul set e grane, solo grane. Alla fine si cercherà di portare a casa il girato con un compromesso necessario: buttarla anche in questa occasione in chiave di commedia. Renè, suo malgrado, pur di ottenere la distribuzione dovrà scendere a patti con la formula del cinepanettone!
Da una serie televisiva di successo, un "format" che approda curiosamente sul grande schermo, spiazzando il mercato, infiammato dal "ritorno alla commedia". L'opportunità di trasferire il potente detonatore e fare a pezzi tutto il marcio che c'è nello spettacolo attuale. E allora ecco nell'ordine: direttori di fotografia cocainomani, grandi attrici italiane depresse ed insicure, star emergenti poco credibili, ispettori di produzione truffaldini e inaffidabili. L'operazione risulta in parte riuscita. "Boris - il film" è un tentativo coraggioso di svecchiare i canoni della commediaccia moderna, attingendo ad una volgarità di contenuto (e non di forma, attenzione) che è di straordinaria coerenza, perfettamente in linea con le leggende metropolitane sui set televisivi e cinematografici. Francesco Pannofino, filmaker in crisi, rivela straordinarie capacità istrioniche: praticamente regge coraggiosamente il film da solo, mentre illustri caratteristi in ruoli minori interagiscono fra disperazione e grossolanità. La regia a sei mani fatica, forse, a dare vigore all'insieme: più ispirato nella prima parte, il film precipita e si avvita nella fase conclusiva. C'è molta perfidia, un giusto accanimento e in fondo tutto l'amore nei confronti del cinema nobile, che nessuno riesce più a fare. Caduto in crisi, sotto i colpi bassi di cialtroni e politicanti. Un tentativo curioso, ispirato, che presuppone comunque alcuni legami con la celebre serie e che, tenendo a bada il livore per la manifesta incapacità di alcuni cinematografari, può anche solleticare l'entusiasmo dei profani. Il calvario di Renè Ferretti ricorda, vagamente, quello del regista Grimaldi che in "Ladri di barzellette" di Bruno Colella si arrabattava per riuscire a dirigere il suo film. Per la cronaca: Boris è il pesciolino rosso che rinvigorisce lo spento entusiasmo della troupe. Da studiare a fondo il testo di "Pensiero stupesce" scritto da Elio e le Storie tese: "La tv è come la mafia: non se ne esce se non da morti. Alla fine l'unica cosa seria in Italia è la ristorazione. Che bella gente e che buon vino!" A questo punto il director's cut di "Natale con la casta" è un atto dovuto.
Cinema Impero, Trani - 3 Aprile 2011 (Barisera) |