Nel progetto "Grindhouse", gioiellino incompreso di qualche anno fa, che all'origine (prima della inutile scissione) univa, secondo la struttura classica del movie movie, le rispettive ultime fatiche di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez (praticamente compagni di banco nella stessa classe), fra i due episodi veniva mostrato il falso trailer di un film ancora da girare. Tre minuti di adrenalina pura con un guerriero ispanico, Machete, alle prese con una mattanza di routine. Un "prossimamente" appetitoso e, allo stesso tempo, inesistente. I forumisti da tastiera hanno fatto il resto: era molto più logico e naturale che l'operazione si concretizzasse in un altro "entertainment" per palati non proprio sopraffini e per i sostenitori più accesi di un cinema di genere che, del tutto snaturato, punta ad ottenere massimi risultati con investimenti consistenti. Ecco allora "Machete": apoteosi della violenza in celluloide (che è da cartoon quindi, se vogliamo, annacquata con forti dosi di humour), trionfo del gusto tamarro e del cinema inteso come gioco (per chi lo fa, un pò meno per chi lo vede). Ai giorni nostri, dalle parti del confine fra Stati Uniti e Messico. Machete (Danny Trejo) è un ex agente-federale corpulento e baffuto che cade nell'imboscata di Torrez (Steven Seagal), pericoloso narcotrafficante che regola i conti a colpi di sciabola, che gli ammazza tutta la famiglia. Uscito indenne (non chiedeteci spiegazioni), lo ritroviamo qualche anno dopo in Texas mentre si guadagna la giornata davanti al collocamento. Booth (Jeff Fahey), un ambiguo e spietato affarista, gli propone dietro lauto compenso un attentato ai danni di un senatore (Robert De Niro), coinvolto in una accesa campagna contro l'immigrazione clandestina. E' una trappola, ma Machete non se ne avvede e, soprattutto, i cattivi ignorano che dietro il guerriero ispanico si celi in realtà una infallibile macchina per uccidere. L'affare si complica, coinvolgendo altri malcapitati: una rivoluzionaria che gestisce un chiosco, un'ufficiale della polizia di frontiera e il prete pistolero, fratello del killer professionista, che sbobina confessioni su supporto digitale. Divertimento assicurato e naturale accumulo di cadaveri che si contano sulle dieci file del pallottoliere. Preparate i popcorn e abbeveratevi con la cannuccia: il tempo vola come le anime destinate ad essere separate dai corpi da Machete...
Il presunto clima di nevrotica attesa non ha dato i risultati sperati. Chiuso nel congelatore per otto lunghi mesi dall'evento fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, il film di Robert Rodriguez ha avuto evidenti difficoltà di mercato, legate allo scetticismo di distributori esitanti. I motivi sono riconducibili, presumibilmente ad un particolare legame, non più scontato, che si sta esaurendo. Anche i fedelissimi, infatti, ci hanno creduto poco. Eppure nell'involuzione filmica orchestrata di Rodriguez si ritrovano genuini atti d'amore nei confronti del cinema di scuola tarantiniana (pellicola con spuntinature e graffi, colonna sonora marcata, fotografia vintage). Ma i giochi infantili con omaggi non bastano ad allontanare la noia: il risultato è che l'eccessivo carico di violenza, combinato con una vistosa assenza di trama, dilata oltremisura una trovata potenzialmente efficace nell'arco, appunto, di un trailer. I valzer truculenti e i caroselli sanguinari del folle e simpatico protagonista (che sembra saltare fuori in libera uscita da un penitenziario), girano a ruota libera, infrangendo regole elementari di buon senso. Gli attori immolati alla causa (del tornaconto personale) sono tutte vecchie conoscenze: Robert De Niro, Don Johnson, Steven Seagal, Jeff Fahey. Quattro canaglie destinate all'affettatrice. Ma anche il pianeta di Venere è ben rappresentato: Jessica Alba, Michelle Rodriguez (incontenibile) e Lindsay Lohan si dividono aspetti di famelica femminilità legate dalla sottile linea del "wonderbra" (nero, absolutely). Il repertorio di ammazzamenti è degno di un vademecum del perfetto boia: compresa una crocifissione condita da una truce ironia. E' nato un personaggio, iconografato nell'immaginario collettivo nella maschera butterata del pragmatico Danny Trejo. I buontemponi dietro la macchina da presa se la ridono e, nel frattempo, minacciano. I titoli di coda annunciano due prossimi sequel. Ma tutto rientra nello spirito allegro della beffa. Si spera.
PalaBiennale, Lido di Venezia - 2 Settembre 2010
Uci Cinemas, Molfetta - 8 Maggio 2011 (Barisera)
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