Tutte le case nascondono segreti che molto spesso costringono a fare i conti con un passato oscuro e tormentato. Circostanze che stringono Bruno (Alessandro Roja), radiologo di professione, in una terribile morsa di disagio e paura. Il giovane dottore ha infatti ereditato da suo padre, che non vedeva e sentiva da tempo, una maestosa casa di campagna situata sui monti Sibillini. La proprietà non è in buone condizioni, ma con efficienti lavori di restauro potrebbe essere rivenduta al migliore acquirente. Impreparato per ragioni affettive e impegni professionali alla gestione dell'inattesa eredità, il ragazzo in un primo momento accetta le offerte dei Santucci, i suoi confinanti, che conoscono parecchi particolari di quella casa ora abbandonata e sostengono di essere stati molto vicini a suo padre. A poco a poco però i rapporti di buon vicinato vengono inquinati dagli strani atteggiamenti della signora Paola (Guia Jelo), la vicina di casa, che millanta rapporti non proprio finalizzati alla sola amicizia con il genitore scomparso. La stessa, madre di due strani figli (un energumeno solitario e violento e una ragazzina svampita e disinibita), rivendica improvvisamente, attraverso un testamento olografo privo di valore, il diritto ad ottenere, come risarcimento di anni di favori, la proprietà di Bruno. Dalle pretese si passa ai fatti: il povero neo proprietario, martoriato dall'impotenza e dall'isolamento, dovrà sottostare alle minacce e al pericoloso disegno criminoso dei suoi vicini sfociato in una sempre più sfrenata e drammatica lotta di classe...
Scritto a quattro mani dal regista Michael Zampino e da Ugo Chiti, "L'erede" gioca la carta della rivincita dei generi, attraverso l'uso limitato dei mezzi, in virtù della valorizzazione del racconto. Il budget contenuto, risolto attraverso l'utilizzo di un'unica location, consente all'autore di affidarsi ciecamente all'efficacia del soggetto e alla bravura dei suoi esecutori. Con un impianto teatrale che ne nobilita le intenzioni, mettendo da parte effettacci di bassa lega per arrivare ai dolori di petto, il film si svela attraverso il massimo risultato con il minimo sforzo. In tempi di crisi creativa, dove il nostro cinema sembra essersi arenato alla spremitura delle risorse del cinema leggero, "L'erede" rappresenta, se non altro, il tentativo coraggioso di rinverdire un genere poco sfruttato (definiamolo "gotico") riconducibile ad autori che si contano sulle dita di una mano. Alla sua opera prima Michael Zampino, studente di cinema formatosi alla New York University, mostra idee chiare e buoni segnali. Le perdonabili sbavature di un finale accellerato ma apertissimo e la forsennata economia di mezzi non compromettono affatto l'abilità con cui il regista riesce a cavare suggestioni dai luoghi di ripresa. I boschi dell'appennino umbro-marchigiano rinnegano tuttavia la rassicurante atmosfera da fiaba. Una strega (molto brava Guia Jelo), un orco impazzito e una ninfetta lasciva tormentano il protagonista, costretto a calarsi inconsapevolmente in un incubo ad occhi aperti, destinato a privarsi del lieto fine. Quasi a voler dimostrare che in questa favola nera non c'è alcuno spazio per la logica e nemmeno per le buone notizie.
Uci Cinemas, Molfetta - 11 Luglio 2011 (Barisera) |