A proiezione finita (gelo a parte) stupore, disagio e incredulità sono le uniche sensazioni che lo spettatore riesce a provare. A meno che non provenga da un altro pianeta o sia accompagnato da scarsa igiene umoristica. Mai una pellicola è stata così lontana dal concetto di cinema come quest'ultima fatica di Ezio Greggio, tornato dietro la macchina da presa a distanza di dodici anni nel tentativo (inutile) di ripercorrere la strada del cinema parodistico che, per quanto riguarda le abitudini italiane, continua a rivelarsi impraticabile. Ma ben oltre le comprensibili diffidenze e la rinuncia alla complicità verso un tipo di cinema popolare, quello che proprio colpisce in questo "Box Office 3D" è l'assoluta mancanza di ritmo e la totale assenza di spunti comici. Greggio dilata i tempi delle celebri parodie del "Drive In" televisivo, mettendo alla berlina i campioni d'incasso americani. Ma i risultati sono modestissimi, le gags infantili e i giochi possibili (sia visivi che di parole) di imbarazzante inefficacia. La struttura è episodica. Si parte con un "Codice Teomondo Scrofalo" che ricicla un vecchio cavallo di battaglia di Greggio (che fa il verso a Tom Hanks) in chiave thriller. Si continua con "Twinight", parodia horrorifica con un'Anna Falchi alla mercè di quattro assassini seriali nel cuore della foresta, "Fai fast che sono furious", "Viagratar", "Zoppo, l'eroe claudicante", Erry Sfotter. E, come se non bastasse, sono disseminati trailer farlocchi, pillole scadute come intermezzo a questi assurdi e piatti frammenti di stampo televisivo. Nel suo bislacco e malriuscito giochetto comico il buon Ezio Greggio coinvolge partecipazioni amichevoli (fra queste Gigi Proietti, truccato da mago napoletano, cerca di rialzare le sorti della pellicola ma in soli cinque minuti è impresa impossibile), giornalisti sportivi (mettono tristezza Pizzul e Biscardi che commentano una partita), la mitica Gina Lollobrigida capitata sul set per caso e vecchie conoscenze provenienti da cinepanettoni rancidi.
Suggeriamo all'autore, che comunque mantiene inalterata la sua simpatia, pari solo alla sua inettitudine dietro la macchina da presa, di non mostrare il suo compito in bianco ad illustri maestri (vedi Mel Brooks), colpevoli di avergli dato inspiegabilmente fiducia, perchè potrebbero restarci secchi. Nell'impossibilità di ritagliarsi un pubblico mediocre come le basse motivazioni da "box office", il film vola dritto nel cestino dei ricordi. Perchè non è nemmeno il caso di tirar fuori i rimpianti. In questa sballata operazione portata a termine con un budget consistente, non c'è nulla che funzioni a dovere. Brutto a tre dimensioni: spettacolo desolante e accuratamente evitabile.
Uci Cinemas, Molfetta - 11 Settembre 2011 |