Le dita schiacciano e ammorbidiscono il tabacco, per poi affondarlo dolcemente nel caminetto di una pipa. Che immediatamente va ad accendere anche la fiamma dei ricordi. Inizia così questo coraggioso, affascinante e commuovente lavoro dedicato ad uno dei più grandi attori di teatro del nostro paese. Uno degli ultimi esponenti di una classicità e di un morboso attaccamento alla professionalità e al trasporto istintivo della passione. La recitazione non esiste, conta solo l'immedesimazione. E Arnoldo Foà, classe 1916, ce ne fornisce ampia prova sfogliando vecchie foto, ricordando vecchi compagni di avventura, portando per mano lo spettatore attraverso il lungo tunnel dell'"agere" (che per Carmelo Bene aveva significato di "perorare" e non di "agire"). Assistiamo ad una tenera confessione dove il grande saggio sfila con estrema velocità la maschera della modestia per poi indossare sgnighazzando quella della vanità. Arnoldo sa di piacersi e non lo nasconde, scherza anche con la sua reputazione di burbero benefico: incontenibile mattatore giocherellone capace di tenere alla distanza e in confidenza la sua linfa naturale, cioè il pubblico. E il regista Cosimo Damiano Damato avanza elegantemente con discrezione, svelando lentamente quella intimità (la casa dell'artista, i suoi oggetti, i ricordi di una vita), consegnando momenti alla storia: declamazioni di piccole grandi poesie, pareri-sentenze sulla fragilità di una carriera quando non sostenuta dall'amore e dalla passione e inserti inediti raccolti in lunghi mesi di ricerche. Nel documentario lo spettatore ha modo di assistere ad una delle più belle performance di Foà (il monologo di Novecento da Alessandro Baricco). Ma c'è spazio anche per una rilectura Dantis e, per la prima volta, per uno dei pochi veri momenti di commozione rubati al gigante in lacrime. Arnoldo Foà che come un bambino singhiozza, nell'aula consiliare del comune, pensando alla sua Ferrara. Cinecittà Luce, che sostiene il sogno di un produttore audace e coraggioso (Marcello Corvino), contribuisce attraverso un repertorio ricco che mescola teatro, televisione e cinema (Foà ha all'attivo la bellezza di 150 pellicole realizzate). La personalità del documentarista Damato (che si era prodigato con la stessa sensibilità per la poetessa Alda Merini) tiene insomma questo lavoro biografico lontano dalle paludi dell'ovvio. Non è un compitino piatto per impossibili palinsesti televisivi notturni, anzi tutt'altro. Fra maturità e innocenza lo stile segue il percorso caratteriale del mostro sacro che si appresta ad omaggiare senza rimpianti e malinconie. E' tuttavia pesante l'assenza istituzionale per un lavoro necessario, per il quale si è dovuta scomodare la passione di un produttore indipendente. Foà, cari signori, è davvero un eroe e questo ritratto significativo assume il significato di un appassionato monumento virtuale.
Casa Del Cinema, Roma - 31 Ottobre 2011 |