"Ma che paese è questo?" si chiede davanti ad un automobilista ferito, dopo essersi impadronito di un'ambulanza per sfruttare la corsia d'emergenza ed evitare l'ingorgo, il prode Ruggero De Ceglie (Francesco Mandelli), prototipo del tardone rampante mezzo rincoglionito, idiota in prima linea. E' una domanda che in effetti rimbomba nella testa dello spettatore sotto shock, coinvolto in questo scempio. E' un paese, tanto per dirne una, dove un film come questo riesce a totalizzare nove milioni di euro d'incasso in dieci giorni, aprendo inevitabilmente le porte ad un interrogativo inquietante. La pochezza di un cinema fatto a pezzi, inchiodato davanti alla demenzialità dell'autoscatto compiacente di "youtube" o delle sit-com della tv via cavo, imbarbarito da analisi di mercato preventive, in che modo può migliorare le aspettative del pubblico? E verrebbe da aggiungere: la volgarità concettuale, veicolata dal mercato nero di presunta sociologia d'accatto, operando una bella e buona strumentalizzazione, gira il coltello dalla parte del manico glorificando i suoi ideatori. In definitiva la volgarità appartiene a chi questa roba la realizza o va a vederla? Perchè in fondo Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, inventori di mostri in pillole, vogliono semplicemente illustrare l'Italia dei nostri tempi e il loro ritratto grottesco ed impietoso è in realtà figlio di una distruttiva autocritica. Nel frattempo aumentano gli adolescenti che si radunano in massa, magari seguendo le indicazioni degli eventi di facebook, per sgranocchiare patatine davanti ai loro beniamini. Che per ragioni di cinema, fortunatamente, sono pochi ma buoni. Sul grande schermo, infatti, per questo ennesimo trasloco ci finiscono Fabio e Fabio, coppia di omosessuali in chiave vintage, tediati da problemi di incomunicabilità. Il primo crede di aspettare un bambino, il secondo sta sempre con le dita sul telefonino ed, annoiato, trascura il suo partner. Per questo episodio sono previsti allucinanti numeri musicali. C'è poi il povero pony express che deve fare una consegna e si trova fra i piedi sempre l'odiosa e petulante impiegata di poche parole ("torno subito da lei") che svanisce nel nulla. C'è la famiglia snob che cura nei minimi particolari abbigliamento ed atteggiamenti e che non esita a ritirare il figlio da scuola quando capisce che l'istituto ha anomale tendenze multietniche. E, dulcis in fundo, il perno conduttore dell'idiozia: Ruggero alle prese con l'educazione morale di suo figlio Gianluca ("Father & Son"), povero disadattato vessato dalle fissazioni dell'anziano genitore. Dopo avergli mandato all'aria il matrimonio con, a suo dire, una sposa inadeguata, il folle cavaliere padre lo coinvolgerà in un pazzesco viaggio Milano-Roma per andare a sedurre l'irresistibile modella della linea intima "Smutandatissimi".
Su questo film si è detto di tutto e si è parlato anche troppo. Farsi iniezioni di sfiducia critica non ha senso e non muove di una virgola la tendenza di un pubblico che, a quanto pare, viaggia bene per conto suo. Però non vanno scomodate altre pellicole e non devono essere tirati in ballo onesti pezzi di commedia italiana custoditi nel nostro immaginario. "I soliti idioti" è un tentativo sballato di proporre cinema alternativo, contando su un bacino di utenza garantito dal cliccaggio su internet. Ma è una modernità illusoria, il film è fatto con vecchi clichè. E' già accaduto con l'horror messo alla berlina da "Blair witch project", ora tocca alla demenzialità. I due protagonisti trasformisti fanno il loro mestiere, ma tirano troppo la corda dell'improvvisazione, vagando nel vuoto, nuotando in un mare di fastidiosa trivialità che avrà le sue standing ovation nella regione Lazio. Il cinema però resta un'altra cosa, anche se queste scempiaggini deprimenti viste su un grande schermo fanno un certo effetto. Hanno preso una cantonata i soliti frettolosi ricercatori di modelli che hanno scomodato gli Squallor e i Monty Phyton, cinema demenziale confortato dall'intelligenza, per azzardare una somiglianza. E vedere rappresentati valori diseducativi al cinema, è una sensazione che fa davvero male al cuore.
Uci Cinemas, Molfetta - 14 Novembre 2011 (Barisera) |