Ai giorni nostri un americano a Parigi, allo scoccare della mezzanotte, si perde nel quartiere Montparnasse popolato dagli artisti e dai bohemien dei primi anni '20 del secolo scorso. Incrociando Hemingway che sorseggia champagne sui tavolini di un fumoso bistrot, mentre dovrebbe affacciarsi di li a poco Henry Miller, scambiando quattro chiacchiere con Scott e Zelda Fitzgerald, fra i quali c'è maretta. Un pittore chiamato Pablo Picasso immortala la sua giovane e bellissima musa su una tela, fra lo scetticismo della gallerista Gertrude Stein, mentre Cole Porter strimpella un pezzo coinvolgente al piano durante una festa e Luis Bunuel e Salvador Dalì si ritrovano in un caffè dalle parti di Maxim's. L'indomani il nostro eroe si ritrova nel suo mondo reale, fatto di noia ed agiatezze. Una promessa sposa che lo ama e non lo stima, un futuro suocero che lo ritiene un perfetto idiota. Sceneggiatore brillante a servizio per le majors di Hollywood, a corto di ispirazione per un romanzo che tarda a venir fuori dalla penna. La magica e romantica atmosfera parigina agita puntualmente le ali nel cuore della notte. Il nostro protagonista con pazienza e senza porsi tante domande cerca di portarsi il suo manoscritto nel dolce passato che lo attende come un orologio svizzero, in modo che la Stein possa dargli un'occhiata. Passato e presente continuano a confluire, gettando nella mischia stati d'animo che regolano conseguenze inevitabili. Felice e sognante nell'epoca lontana e a disagio nella triste prospettiva di benessere effimero nell'high society americana che mestamente lo attende, il protagonista della nostra storia metterà le tende sotto la torre di ferro, stringendo nuove mani in un abbraccio lungo la Senna.
Sesta tappa europea (la prossima, come tutti sanno, ci riguarderà molto da vicino) di Woody Allen, classe 1935, "Midnight in Paris" strizza l'occhio al mitico brano di Kellington e riporta il talento del regista newyorchese a buoni livelli, a dir la verità dopo l'ingiustificato ma evidente appannamento degli ultimi lavori. La trasferta parigina concretizza le motivazioni della vacanza e rispedisce al mittente le solite cattiverie preventive su un cinema alimentare foraggiato dalle aziende di soggiorno e turismo. Woody Allen rinuncia ad un cinismo necessario e si lascia conquistare dalla vena romantica, fra le magiche atmosfere di luoghi incantevoli (la lunga galleria d'apertura mostra tutte le bellezze della capitale francese) e la pastosa fotografia di Darius Khondji che avvolge tre epoche diverse, dai locali animati della belle epoque fino alla piovosa e plumbea Parigi dei giorni nostri. Nei panni di Gil, l'americano colpito al cuore dal dardo scoccato dalla bella e vecchia Europa, troviamo Owen Wilson. E c'è ben poco di Woody. E' come se le sue nevrosi si fossero dischiuse, dando vita ad un tranquillo ma distante alter ego, assetato di cultura, in pace con se stesso solo nell'epoca dei grandi artisti. Che rivivono attraverso le indovinate caratterizzazioni di Adrien Brody (Dalì), Kathy Bathes (Stein) e Marillon Cotillard (Adriana, musa di Picasso, unico personaggio di fantasia). Le fughe temporali che riportano alla mente il salto nell'immaginario cinematografico di "The purple rose of the Cairo" consentono gli unici giochi possibili. Lasciando in valigia sarcasmo e i conti in sospeso con i malesseri dell'esistenza, Allen asseconda la calma senile con l'estasi musicale degli indovinati brani jazz di Sidney Bechet e Cole Porter. E come in gran parte dei suoi film più riusciti la città torna ad essere protagonista assoluta. Principio della bellezza naturale che trionfa regolando destini e situazioni. Hanno ragione quelli che sostengono che dopo i battiti, vien voglia di imbarcarsi sul primo volo per la Francia. Mai dichiarazione d'amore nei confronti di Parigi si è rivelata così vibrante e autentica, come nel caso di "Midnight in Paris".
Cinema Opera, Barletta - 2 Dicembre 2011
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